Lezione n° 7 – Show, don’t tell

Benvenuti alla settima lezione di «Scrittura creativa». Oggi ritorniamo su un concetto accennato due lezioni fa e che gli anglosassoni chiamano “Show, don’t tell”.

Ovvero: “non dire, mostra!”

Avevamo fatto un esempio in cui descriveva una scena (noiosa), anziché farla vedere. Generalmente dire le cose non crea alcun tipo di coinvolgimento emotivo. Pensiamo a frasi come: era depressa, era felice, era nervosa, era annoiata. Dichiarano un sentimento e non fanno presa.

La depressione, per esempio, la si può mostrare facendo vedere un personaggio che da solo un morso alla fetta di torta del suo dolce preferito, oppure che mangia una intera torta da due chili, o una vaschetta di gelato che avrebbe potuto usare per 20 ospiti. Quindi con poche parole si mostra un sentimento.

Perché proprio i sentimenti non vanno assolutamente dichiarati, se non in rarissimi casi e forse nemmeno. È un problema in cui certe volte mi imbatto pure io. Mi dimentico di questa cosa e dichiaro cosa prova un personaggio. Pensando che poi non c’è nulla di male. Niente di più errato, sigh.

È ovvio che le scene in cui ci sono personaggi secondari, e di scarsissima rilevanza per la storia, ci si può anche dedicare a dire le cose. Un intero romanzo in cui si mostra sempre tutto, ogni singolo capitolo e ogni paragrafo in cui si lavora sul mostrare e sul non dire diventa impossibile.

Scene in cui si sintetizzano delle cose vanno bene al punto giusto, per esempio, nel caso in cui si danno informazioni che non possono essere mostrate. Di solito accade in romanzi storici, dove non tutti conoscono le usanze di una certa epoca, oppure in romanzi in cui c’è una grande componente scientifica. Anche in quei casi, però alcune informazioni possono essere date direttamente attraverso la bocca dei personaggi, magari attraverso il dialogo, ma bisogna anche saperlo scrivere un dialogo in cui si danno informazioni. Deve essere naturale e credibile. In alcuni scritti, di certi autori, si nota chiaramente l’intento non riuscito. Non ci avete capito molto? Vediamo un esempio di dialogo che “dice e non mostra”.

«Sara, sai che sono felice che oggi sei tornata da me? Erano sette mesi che avevi chiesto la separazione e che non ci vedevamo più, io ero anche partito per Milano per trovare un lavoro. Ho fatto il tecnico antennista per due mesi, il barista per tre mesi, ho venduto auto di una marca nuova, ma poi sono tornato a Roma, dove ti ho visto davanti al negozio dove ci siamo visti la prima volta che ci siamo conosciuti e allora ho provato a ricominciare…»

Questo dialogo è privo di alcun interesse per il lettore. È un lungo e inconcludente dialogo irreale. Il dialogo sintetizza sette mesi della vita di un personaggio, ma nel modo sbagliato. Sul dialogo ci sono così tante cose da dire che non posso aggiungere altro al momento, finirei fuori tema.

Quindi, riassumendo: mostrare e non dire il più possibile, ma attenzione a non abusare di questa cosa, anche perché mantenere sempre viva l’attenzione del lettore diventa difficile, si può facilmente spingersi in una quantità di testo eccessiva per voler dire poche cose. Dosate attentamente le parole, mai troppe, mai troppe poche. Usate tranquillamente la sintesi per rallentare il ritmo, per dare un attimo di tregua al lettore, per raccontare fatti che non avrebbe alcun senso mostrare perché non aggiungerebbero alcun interesse alla storia, anzi spingerebbero il lettore a interromperne la lettura.

Alla prossima lezione di «Scrittura creativa».

2 pensieri su “Lezione n° 7 – Show, don’t tell

  1. Il problema è scegliere cosa mostrare. Per questo occorre leggere molto ma nella giusta maniera. Anche la fotografia può essere utile ad addestrare l’occhio, e i sensi, a tenere cosa è importante, e ad abbandonare il superfluo. Però ci vuole tempo, pazienza, e disciplina.

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    1. Direi di sì. Ho riapplicato ieri la regola a un capitolo che era troppo raccontato, dove alcuni sentimenti venivano descritti e non mostrati e dove dicevo un po’ troppe cose per nulla utili ai fini della narrazione. Una battaglia durata due ore per circa 4 o 5 pagine. Ora sembra molto meglio. Era un disastro quando l’ho letto, quasi non mi riconoscevo, ma i dubbi restano ancora. Se davvero ho concluso con quel capitolo e sull’utilità di tutto ciò in previsione di una vera conclusione che forse non avverrà, nel senso che come minimo devo fare un’altra revisione completa e poi chissà…

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