davvero l’importante è solo la storia?

Foto di Harut Movsisyan da Pixabay

Spesso ho letto commenti del tipo: «L’importante, in un romanzo, è la storia».

Diverso tempo fa ero convinto che fosse così, poi iniziando a leggere sempre più libri, ho capito che di base c’è una storia più o meno buona e che si deve lavorare su questa a tutti i livelli per renderla migliore e per presentare un prodotto, in forma di libro, che sia qualcosa di ben fatto.

Quindi, quando voglio leggere un romanzo, per me, l’importante è: TUTTO.

Tutti gli ingredienti devono convergere per produrre una buona riuscita.

Vediamo di quali elementi parlo:

  1. copertina accattivante;
  2. titolo interessante;
  3. buona sinossi;
  4. impaginazione corretta di un cartaceo;
  5. e-book confezionato bene (presenza indice interno, rientri del primo rigo, niente spazi tra paragrafi);
  6. uso impeccabile della grammatica e della punteggiatura;
  7. buon uso dei dialoghi;
  8. caratterizzazione dei personaggi;
  9. una bella storia che ti fa entrare in empatia coi personaggi.

Se anche uno solo di questi elementi non è al suo posto, posso arrivare a scegliere un altro libro.

Basta poco per fare una bella copertina, non deve essere un’opera d’arte da esporre alla National Gallery a Londra, ma qualcosa che sia ben pensato e in tema col libro, di gusto. Per esempio, le copertine dei libri di Stefano Castelvetri sono molto carine, e anche sulla storia e su come viene presentata non c’è nulla da ridire. Sono letture che consiglio.

Altre volte non è l’immagine della copertina che fa il danno. Ci sono situazioni in cui il nome dell’autore o il titolo del libro o hanno un brutto carattere tipografico oppure si usa un colore che lo rende non leggibile rispetto all’immagine di sfondo.

Qualcuno insiste e dichiara: «Vabbe’, ma che fa? Basta usare la prima copertina che ne viene. L’importante è la storia». Continuo a dire: «No!». Anche col rischio che tu lettore, a questo punto dell’articolo, vada altrove, basta che sia lontano da questo blog.

La copertina è il primo elemento con cui si viene in contatto. E, ovviamente, una bella copertina non rende il libro buono di conseguenza. In matematica si dice che è condizione necessaria, ma non sufficiente.

Poi c’è la sinossi. So benissimo che è difficile scriverne una accattivante. È quasi più difficile di scrivere l’intero romanzo.

Poi c’è l’e-book. Quando ne vedo senza indice interno, costassero anche 0 euro, mi rifiuto di prenderli. Perché senza indice interno l’accesso diretto ai capitoli di un testo viene reso impossibile e il software del lettore e-book non è più in grado di valutare il tempo di lettura di un singolo capitolo. Io pretendo l’indice interno e fatto pure bene. Ci sono casi in cui per indice interno alcuni autori/editori intendono il link al primo capitolo del libro e basta. Anche in quel caso ringrazio e salto alla prossima casella.

E senza rientri di paragrafo? E con spazi tra paragrafi? Parliamo di un po’ degli e-book in commercio. Buttiamoli, a meno che non sappiamo che in questo caso davvero tutto il resto è in regola. Se il prezzo rende accessibile l’acquisto, altrimenti, se il prezzo è elevato, pretendo un confezionamento e-book con tutti i crismi.

Poi ci sono autori ed editor che non hanno idea di grammatica e punteggiatura. Ho fatto caso che molti non sanno a cosa serva la virgola e, ogni volta, la applicano seguendo le indicazioni ottenute dal lancio di un dado.

Anche l’uso dei dialoghi è importante. Deve essere ben calibrato, deve definire il parlato di un personaggio e non deve dilungarsi troppo senza un motivo specifico. In questa modernità che cerca originalità a tutti i costi si è inizato a buttare i dialoghi tra il testo senza apici, senza caporali e senza separare le voci parlanti. In uno stile… giornalistico usato dai giornalisti? Non so, ma a me fa rabbrividire. Salto ancora una volta la casella.

Che intendo senza apici/caporali? Tipo:

Ho detto che non mi interessa, dissi. Perché non ti interessa? mi chiese. Perché non mi interessa e basta. Non ho capito perché ti vuoi perdere un evento come questo. Ci saranno migliaia di persone. A me non piace. Non è sufficiente? A te interessa? Vacci. Ma tu dicevi. Vai. Allora possiamo andare via. Si misero a sedere e guardarono fuori.

Ecco, forse è chiaro chi parla, ma forse no, quali sono le battute di dialogo di uno o di un altro personaggio, ma mettere tutto su un solo rigo a me fa venire ansia e orticaria. È come se si leggese senza una pausa, senza prendere fiato.

Se per qualcuno va bene, allora, a questo punto facciamo i super moderni. Possiamo anche fare a meno degli accapo. Scriviamo tutto il romanzo su un solo rigo. Tanto l’importante è la storia, giusto?

L’ho sempre detto che scrivere è difficile, pubblicare un libro lo è ancora di più perché mettere insieme tante ottime competenze non è da tutti, e non tutti sono obbligati a pubblicare.

Si può anche tenere un diario personale. Il problema è che molti editori non si interessano manco più della forma, ma basta l’idea di una storia. Non frega nulla se l’idea poi produce una vera storia oppure chiacchiere. Perché poi si va a finire in commenti del tipo: «Un romanzo breve ma intenso» magari scritto in piccolo sulla copertina per dire che è stato pubblicato un racconto dove i personaggi non hanno spessore, sono figure evanescenti e la storia viene sviluppata in un arco di poche ore, raccontata invece che mostrata.

Un po’ come le fiction televisive. Senti dire: «Sì, ma è tratta da una storia vera e drammatica». E questa frase racchiude in sé il fatto che se anche fosse recitata male, se anche i dialoghi fossero banali e i personaggi senza spessore e questa idea venisse fuori in diverse critiche, chi l’ha prodotta e diffusa si sente un grande perché «Sì, ma è tratta da una storia vera e drammatica».

A quel punto si è lontani anni luce dal legarsi a un personaggio, alla storia. Ma non contava la storia?

Si passa al libro successivo rapidamente, come sto facendo in questo periodo dove non trovo pace. Finalmente mi sono imbattuto in un bel libro, dopo quelli di Stefano Castelvetri ho trovato “Il marchio di Sekhmet” di Isabel Giustiniani. Libro che rispecchia tutti i criteri di cui sopra. Autrice di cui già ho letto alte cose. Massima attenzione a tutto. Iniziando dalla copertina, per finire con la storia, la grammatica, la punteggiatura, la formattazione dell’e-book, tutta la ricerca storica che usa nel romanzo. Mica pizza e fichi?

Per te è importante solo la storia o anche come è narrata? Oppure anche altro? Ti piacciono i dialoghi senza virgolette/caporali come spiegato sopra? Ti sei mai imbattuto in un testo che ne fa uso? Come hai reagito?

9 pensieri su “davvero l’importante è solo la storia?

  1. Mi ricordo di un blogger che aveva iniziato a recensire i romanzi usando una tecnica particolare: andava avanti nella lettura fino al primo ‘problema’ che lo faceva distrarre dalla storia. Poteva essere qualunque cosa: un errore di grammatica, di punteggiatura, un buco di trama, un dialogo goffo.. Naturalmente ben pochi romanzi ne uscivano indenni… 😄

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      1. No, come per quel blogger (non ricordo come si chiama e non riesco a trovarlo) è un discorso interessante per riflettere su tutto ciò che rende piacevole l’esperienza di lettura di un romanzo.

        Ogni aspetto che descrivi è potenzialmente una nota stonata, un ostacolo all’immersione completa del lettore nella storia. Ovvio che un lettore parecchio motivato potrebbe ignorare o decidere di ‘sopportare’ alcuni ostacoli, ma quando si inizia a perderlo? Alla sinossi? Al primo dialogo? Al quinto errore di punteggiatura?

        P.S. grazie per il giudizio lusinghiero sulle copertine, a me di solito non soddisfano mai, motivo per cui mi sforzo in continuazione di migliorarle.

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      2. credo che a volte si possa passare sopra anche al fatto che un autore non sappia usare la virgola a patto che la storia trasmetta qualcosa, ma se metti insieme più elementi ho i miei dubbi che uno si debba forzare. Come il protagonista del film “La grande bellezza” dice che è arrivato a un età per cui non ha più voglia di fare cose che non gli piacciono, per me è la stessa cosa. Niente più forzature, se è possibile.

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    1. Però con tutto che sono esagerato, i tuoi libri hanno superato l’esame a pieni voti 🙂 .
      Alla fine ne resterà uno solo, come dice Highlander. Un solo lettore del blog e, ovviamente, dei miei testi per conseguenza 😀

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  2. Tutto ragionevole. È un periodo che sono in fissa con le sinossi: sono spesso lontane dall’esserlo e questo mi indispone, anche perché non parlo di sinossi scritte da chi si autopubblica (si sprofonda proprio negli abissi! 😁)
    Sono più tollerante ne confronti degli eBook, perché ne ho pubblicato uno che è passato da una fase di massima cura con la prima edizione a una che ho dovuto correggere e affidare a chi sapeva rimetterlo in rete garantendone la leggibilità a scapito di molto altro (tipo l’indice.) Ma io, lì, non so dove mettere le mani e, forse, francamente, non ne ho più interesse.
    Invece sull’uso dellei virgolette nei dialoghi, non so, mi sento di dire “dipende”: per esempio Saramago non virgoletta nulla, ma l’effetto non ne risente nel modo più assoluto. Credo sia una questione stilistica che può trovare consenso o meno, ma da cui non prendo le distanze.

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    1. hai fatto rifare l’e-book? La versione che presi in lettura quando Amazon mi offrì il Kindle Unlimited in prova aveva l’indice interno. Non saprei. Non essendo un cartaceo che puoi sfogliarlo e sapere quando finisce il capitolo, non se ne può fare a meno. È proprio l’ABC di fare e-book, senza è davvero pazzesco pubblicare un e-book, ma il catalogo di Amazon (e non solo) è pieno di e-book senza e per cui “conta solo la storia”. Chiaramente c’è pure chi lo fa bene.

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      1. Il primo eBook era perfetto, ma ho dovuto revisionarlo più volte e in più parti (quanti erroriiii), così, quando mi sono rivolta a chi me lo aveva confezionato, non l’ho più trovato disponibile e allora mi sono rivolta a un altro che non ha saputo essere altrettanto bravo.

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