
Nel mentre cerco di mettere ordine nella mia vita, non riuscendoci affatto, mi ritrovo a pensare all’arte di raccontare una storia. Sto guardando delle serie TV italiane che per la prima volta mi stanno prendendo molto. In genere ho una pessima opinione delle serie TV italiane, ma ho sempre pensato che se avessero voluto farle bene ci sarebbero anche potuti riuscire e, infatti, Mare Fuori e Un Professore mi hanno preso molto. Mare Fuori tantissimo. È ambientata in luoghi che conosco bene.
Ma come si racconta una storia in modo impeccabile? Già raccontarla è difficile, ma non avrebbe senso non farlo in modo impeccabile. Sappiamo, però, che lo scrivere è un’attività dannatamente complicata, anche quando si ha tutto ben chiaro in mente. Qualcuno dice “ma basta trattare un argomento, non importa come”. E invece no. L’importante è tutto: l’argomento, la forma, lo stile, i dialoghi, l’ambientazione, i personaggi. Tutto. Nulla è un mero dettaglio perché il diavolo è nei dettagli. Tanti libri ben pubblicizzati scritti (ma ne siamo proprio sicuri?) da nomi illustri sono immonda spazzatura, con tutto il rispetto per l’argomento, che da solo è poca roba.
Eppure, quando si scrive, la prima cosa da avere chiara è la motivazione. Bisogna che sia ben definita nella nostra testa prima di iniziare. Si ha sempre una motivazione valida e chiara in mente? Perché questa storia? Di questo non ne sono sicuro, magari quella motivazione debole all’inizio si rafforza mentre si scrive, mentre si annodano i fili della trama.
Ma quando si scrive cosa si tende a dire? Si prova a mandare un messaggio? In teoria direi proprio di no, ma si riesce sempre a scrivere in questo modo? Il caro vecchio Stephen King ha pisciato proprio su questa cosa. King, durante la sua ultima defecazione (e lo dico da fan del Re), ha scritto un libro pieno di messaggi e di morale completamente sbagliato. Fare la morale a chi legge è quanto di peggio si possa scrivere e, secondo me, ha raschiato il fondo. Togliete la penna dalle mani di King. I tempi d’oro di Stand by Me, Il gioco di Gerald, Misery, Dolores Claiborne, Cujo, Cose Preziose, L’ombra dello Scorpione e IT non esistono più.
Io mi chiedo quale motivazione ho nello scrivere l’ottavo volume di una serie come “Le parole confondono”. L’approfondimento coi personaggi e coi temi della serie c’è, si parla anche dell’evoluzione dei personaggi che da bambini ora sono uomini trentenni. Mi chiedo spesso se avrò mai più lettori e se i lettori riusciranno a emozionarsi oppure se quella famosa motivazione che dovrebbe farci pensare al perché si voglia scrivere una ben precisa storia non si sia diradata, se i problemi quotidiani inficino troppo con il pensiero di mettersi calmi a narrare l’ennesima storia. Per non parlare del fatto che non è assolutamente sufficiente dedicarsi con passione alla scrittura, alla modellazione, scrittura e riscrittura di un testo. Chi deve leggerlo? Chi lo leggerà? Chi verrà a sapere che c’è una nuova storia? Dove sbaglio? Sbaglio molto nella vita, ma a volte mi interessa di più sapere dove sbaglio nel mio modo di pormi nella narrativa.
Raccontare una storia che faccia incollare le persone al testo è una motivazione molto valida ma non tutti ce l’hanno, non nasce un nuovo Hemingway o un nuovo George Orwell, un Georges Simenon. Ma non è nemmeno questo il problema. Il vero cruccio è il passare in qualche modo nella vita di qualcuno con delle parole che abbiano senso e che emozionino. E nel 2024, quasi 2025, la faccenda è molto più complicata, perché si legge pochissimo e ci sono troppe case editrici che propongono il best seller del momento da cui hanno tratto l’ennesima serie televisiva, magari si venderà pure ma chi poi legge quanto comprato è una scarsa percentuale, oltre al fatto che un best seller è una pessima scelta in quanto spesso è robetta. Forse, avere l’ultimo best seller in casa, è come poter avere una bomboniera d’oro massiccio da esporre a chi viene a trovarci, e forse nemmeno. Questo lo pensa chi non capisce nulla di cosa sia un libro di narrativa.
E le storie che scrivo? Ci metto troppo di me dentro? Sono asettiche? Non avvicinano i lettori? In che modo dovrei farle conoscere? E in che modo posso stare meglio se non immergendomi nella scrittura o lettura di un testo? Scrivere storie, per me, deve essere una questione di immersione profonda, ma bisogna anche sapere cosa raccontare mostrando in modo profondo, cosa accennare appena, cosa trasformare in dialogo indiretto, per accelerare, e cosa va davvero detto, cosa va cancellato.
Le mie scritture sono fatte con un costante riverifica e riscrittura di quanto prodotto nella sessione precedente, che a volte corrisponde con il giorno precedente, e altre volte anche con il mese prima, ma in questo ultimo caso potrebbe accadere di dovermi rileggere tutto per rientrare appieno nella storia, nei personaggi, nel ritmo, e in questo scritto che vedo non più scorrevole o sensato.
Eppure anche scrivere un articolo per il blog non è cosa facile, però si continua, nonostante, per esempio, si possa farlo con una canzone di tre minuti e mezzo, la quale è un concentrato di arte, quanto può esserlo un copione di una serie televisiva dove ci sono dialoghi su dialoghi e in cui, però, va ricostruito uno scenario ben preciso. Le riprese di Napoli in Mare Fuori sono mozzafiato. Napoli sembra avere un mare stupendo, una luce bellissima, ed essere una cartolina viva che interagisce con i personaggi, con la trame, con l’ambientazione. Infatti poi si potrebbe rappresentare un’idea anche con un semplice quadro, con una foto. L’arte ha varie forme d’espressione a seconda di come e di cosa si vuole manifestare.
Eppure io devo scrivere. A un certo punto devo pubblicare un nuovo articolo per il blog, capire cosa desidero, cosa desiderano i personaggi, cosa desiderano le storie di cui metto insieme le parole. Capirlo e fare un buon lavoro non riesce nemmeno un po’ a ripagare emozioni, tempo e utilità di fare una cosa del genere. Spesso ci si distrae e si perde la voglia di combattere. In questo periodo la mia energia vitale è sotto zero. Riesco a riprendermi un po’ solo scrivendo, ma non so quanto la cosa abbia un senso. Mi serve, immagino, per non impazzire del tutto, perché ci sono troppe cose fuori posto e che mai troveranno la giusta collocazione nella propria vita.
Forse è proprio nella scrittura che si cerca di ritrovare un senso alla propria vita, si cerca di superare sfide attraverso i personaggi e, possibilmente, si cerca di evadere dalla realtà, motivazione molto più semplice. Ma nulla è mai così semplice.
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