Quattro chiacchiere con Quintadicopertina Editore

Oggi vi presento Fabrizio Venerandi e Maria Cecilia Averame, che sono, rispettivamente, editore e coordinamento editoriale/comunicazione della casa editrice digitale Quintadicopertina. Ho conosciuto e letto alcuni loro e-book dopo aver scritto un mio articolo sulla potenzialità dell’e-book riguardo le storie con finali alternativi e le storie a bivi. Da allora li seguo con interesse perché lavorano sul digitale in modo diverso da come lo fanno gli altri. In modo originale e giusto. L’e-book non può essere considerato come la trasposizione in digitale di un cartaceo, ma deve avere una sua vita propria e una caratteristica che può essere sorprendentemente innovativa. Purtroppo c’è una grande difficoltà nei lettori ad accettare questi, a mio avviso, semplici concetti della nuova editoria. Ma veniamo all’intervista.

Salve Fabrizio, salve Maria Cecilia. Leggevo che Quintadicopertina nasce nel maggio 2010, praticamente tre anni fa. Avviare una nuova attività è sempre rischioso, in particolare nell’editoria dove il numero di editori aumenta di anno in anno. Dopo quanto pensare è nata Quintadicopertina e come mai questo nome?
Abbiamo iniziato a lavorare alla casa editrice nel 2008, quando abbiamo visto i primi ebook reader a Genova. Quintadicopertina in realtà esisteva già, si occupava di servizi editoriali, di formazione e di promozione, ma non era una casa editrice. Provando i Cybook e gli iLiad, usandoli per leggere, abbiamo ragionato su cosa ci si poteva fare e ci sono venute in mente un sacco di idee che non erano libri. Più le idee si formavano e si concretizzavano in progetti, più ci rendevamo conto che in Italia (ma anche all’estero) pochi stavano facendo i ragionamenti che facevamo noi e che – invece che mugugnare e aspettare che qualcuno di grosso ci pensasse – potevamo farle noi queste cose. Abbiamo fatto una scommessa, buttarci in un mercato che all’epoca non esisteva, e metterci a fare da subito libri del tutto digitali, pensati per essere letti in digitale. Abbiamo mantenuto il nome di Quintadicopertina perché rendeva bene l’identità della nostra casa editrice: noi partiamo dopo la quarta di copertina, ovvero arriviamo dopo l’ultima pagina del libro tradizionale. Iniziamo una nuova storia.

Si parla sempre di e-book, di espansione del mercato, eppure le tecnologie si evolvono, quello che oggi è una novità, tra sei mesi è obsoleto, o quasi. Potrebbe essere questo uno dei fattori dell’essere diffidenti davanti a un testo in e-book? Il freno potrebbe essere anche comprare un dispositivo che oggi va bene e che tra due anni non serve più perché è cambiato il formato dell’oggetto “e-book”?
Esiste un feticcio che è il libro. Il libro è il metodo per eccellenza di trasmissione del sapere. Ogni altro mezzo viene considerato con sospetto, anche per deludenti esperienze del passato come i cd-rom o per il fastidio delle letture continuative con scrolling su schermi luminosi. Se un libro è fatto bene, leggere su un libro è ancora oggi un’esperienza appagante, perché la tecnologia del libro è comoda. L’ebook deve farsi strada in un pubblico di lettori che adora il libro, e che spesso guarda con sospetto l’ebook, visto come sostituto povero del testo di carta. Ma non si tratta solo di feticci, i lettori non sono sprovveduti: oggi la tecnologia dell’ebook e degli ebook reader non ha ancora raggiunto lo stato dell’arte di quella, più elementare, del testo di carta. Le potenzialità della lettura in digitale sono per buona parte ancora inespresse, per limiti tecnologici, lotte di mercato, miopia degli sviluppatori. Ma i passi che si fanno in avanti, mese dopo mese, sono spinti verso una sempre migliore esperienza di lettura digitale. Sono come quelli dell’ubriaco che torna a casa: si fanno giri contorti, si va a sbattere contro qualche lampione, ogni tanto si torna indietro, ma il percorso verso casa è ineludibile.

Cos’è una Polistoria? Quando è nata l’idea per questa collana? Come si struttura un testo a bivi dal punto di vista narrativo? A chi si rivolge questo tipo di narrativa? In che modo nasce l’idea per un nuovo e-book a bivi? Siete voi a cercare l’autore oppure è l’autore che vi propone un progetto e voi valutate?
La polistoria è una idea di narrazione non lineare. Può significare molte cose: una storia a bivi, una interactive fiction, un romanzo “decostruito” (o ancora da costruire), un’avventura testuale, una biblioteca ipertestuale da scoprire… le possibilità offerte dal mezzo sono tante e diversificate. Forse il termine che la descrive meglio è quello di “ambiente di lettura”. L’idea in un certo senso è nata insieme a Quintadicopertina visto che quella delle Polistorie è stata la nostra prima collana. Abbiamo intrapreso un progetto dove la narrazione interattiva smette di essere una curiosa sperimentazione anni settanta, per diventare un prodotto editoriale autonomo e maturo. Per questo ci siamo armati di martelli e bastoni e abbiamo abbattuto steccati: quelli tra gioco e letteratura, quelli tra ipertestualità e simulazione, quelli tra libro tradizionale e scrittura digitale. La verità è che nel novecento ci sono stati sviluppi importanti e coerenti di narrativa interattiva e non lineare, ma tutti legati ad aspetti particolari e settoriali. È facile imbattersi in saggi sulla eLiterature che non parlano delle interactive fiction, perché in origine erano solo dei giochi; o siti di appassionati di Librogame che hanno difficoltà a vedere l’interattività implicita in Infinite Jest o Rayuela, ad esempio, perché non sono dei giochi; o ancora giocatori di interactive fiction che stanno a distanza dall’hypertext fiction perché non ha un parser. E così via. È come entrare in una stanza buia e illuminare solo piccoli particolari con una torcia, senza rendersi conto che esiste un disegno molto più ampio che abbraccia tutti questi progetti editoriali. Le polistorie fanno questo: accendono la luce. Così i cinque testi pubblicati in questi tre anni, tutti basati sull’ipertesto, sono completamente diversi gli uni dagli altri. Abbiamo due ebook-game, uno costruito a bivi, l’altro simulando una interactive fiction; due romanzi costruiti come se fossero librogame, senza esserlo, e un capolavoro come Cuore à la coque che è semplicemente un iperromanzo. Il punto in comune di tutti questi testi è che il lettore si trova immerso in un ambiente da scoprire. Non è un lettore passivo che gira soltanto pagina, ma è un lettore curioso che vuole sviscerare un qualcosa che gli sta raccontando una storia. Qualcosa che, alla fine, non potrà dire di aver completamente letto. Ogni esperienza di lettura è diversa. Credo che le polistorie si rivolgano a un lettore estremamente forte o estremamente debole. Non a chi compera il romanzo che gli casca in mano o perché tutti lo leggono. Gli autori delle polistorie uscite fino ad oggi, e anche quelle in preparazione, sono autori che abbiamo scelto e cercato perché sapevamo che erano adatti al progetto. Enrico Colombini è un programmatore e scrittore, ha fatto interactive fiction fin dagli anni ottanta; Antonio Koch è scrittore digitale per antonomasia e alterna libri cartacei con una scrittura frantumata sui suoi numerosi blog in rete; Mauro Mazzetti ha una scrittura che non ha paura di niente, non scrive romanzi, fa direttamente letteratura, in tutte le sue forme; Stefania Fabri ha scritto per anni i Fiabagame per bambini, costruiti proprio come narrazioni a bivi. Anche il sottoscritto è autore di narrazioni interattive e multiutente, come il primo MUD italiano. Tutti gli scrittori hanno aderito naturalmente a questa forma di narrazione perché è naturale per chi è nato e cresciuto nella seconda metà del novecento. Chi è in ritardo è invece la critica.

Come si inserisce una casa editrice solo digitale in un contesto come la Fiera del Libro di Torino? La gente che si fermava al vostro stand che idea si faceva?
È stato difficile. Credo che il salone del libro sia ancora molto librocentrico. L’ebook viene percepito come novità, per alcuni inevitabile, ma è difficile parlare dei contenuti. La forma è una novità ancora troppo recente per molti e non si arriva mai alla sostanza dei nostri prodotti editoriali. Siamo stati ancora i soli o quasi a vendere ebook al salone del libro, utilizzando collane con schedine micro-sd, o t-shirt o semplicemente via mail, ma non la consideriamo un’esperienza del tutto riuscita.

Cos’è il Jukebooks?
Il jukebooks è un motore per creare ebook. Il lettore sceglie i racconti che vuole leggere, li paga, e viene creato sul momento un ebook con solo i racconti da lui scelti. È stata una grossa novità del 2011 che abbiamo rilanciato nel 2012 con una selezioni di giovani autori davvero molto in gamba. Ad un anno di distanza possiamo dire che il macchinario non ha convinto i lettori. Il meccanismo di trasparenza, anche nei pagamenti per gli scrittori, si è scontrato con le politiche generaliste di vendita via store a prezzi ribassati che lo hanno, per ora, reso poco appetibile. Stiamo pensando a come rielaborarlo, anche con testi di genere differente.

L’abbonamento all’autore interessa i lettori?
Anche l’abbonamento, come le Polistorie e il Jukebooks, è un prodotto strano ed è tutt’altro che semplice promuoverlo ai lettori. Vendere uno scrittore al posto di un libro è straniante, e i lettori tradizionali sono intimoriti nel comperare qualcosa che non è stato ancora scritto. Ad oggi è un progetto in cui crediamo molto ma che non ha ancora una propria sussistenza economica. Chi si è abbonato però è spesso entusiasta: le recensioni dei lettori su Anobii sono tra le cose più belle che abbiamo potuto leggere su quello che facciamo. Anche in questo caso il silenzio della critica ufficiale è importante.

Come scegliete i vostri autori?
Scegliamo autori di cui conosciamo la scrittura e che pensiamo che possano essere omogenei con la nostra idea di editoria digitale. O  scrittori che arrivano da noi perché hanno visto quello che facciamo e ci presentano un progetto coerente con la linea editoriale di Quintadicopertina. Dobbiamo dire di essere stati molto fortunati e aver sempre trovato autori attenti e capaci di cogliere gli elementi positivi e di novità di quello che andavamo facendo, anche nella collana di informazione, le Polistorie e Ping The Word.

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