Il problema è la bicicletta

Foto di Daria Shevtsova da Pexels

Ci riflettevo in questi giorni. Credo che il mio problema, quello sulle incertezze, sul non avere un equilibrio solido, una presenza, una imponente forza d’animo, una pazienza che è forte, ma a volte vacilla del tutto, è legato alla bicicletta.

Da piccoli i nostri genitori, di solito i papà, ci comprano una piccola bicicletta e ci insegnano a portarla, o ci mettono in condizioni di imparare. Poi cresciamo e prendiamo una bici più grande e continuiamo a pedalare.

Mio padre non mi ha mai insegnato ad andare in bicicletta. Diceva, sia lui che mamma, che io non avevo mai chiesto di imparare. Credo che alcune cose vadano fatte a prescindere da ciò che un bambino chiede, sono pilastri fondamentali del crescere.

Vivo in una città dove non ci sono bici in giro, ma solo motorini che si intrufolano ovunque come più gli aggrada.

Spazi per le bici non ce ne sono. Non siamo a Londra, non siamo in una periferia verdeggiante e, anche ammesso che mio padre avesse voluto comprarne una da grande, non c’è dove metterla. Una volta una zia me ne regalò una, ma era molto pesante, la tenevamo gelosamente in ripostiglio e dopo averla portata una sola volta, poi fu regalata a qualcun altro.

Ricordo un’unica volta che papà mi portò in una piazza vicino casa per insegnarmi. Lui sapeva andare in bici perché con la bici ci aveva lavorato diversi anni, ma a me non riuscì a far capire come affrontarla, non riuscì a farmi capire come mantenermi in equilibrio.

All’inizio cadevo di continuo. Non ero capace nemmeno di andare dritto, forse dopo mezz’ora provai l’ebrezza di riuscire a rimanere dritto senza cadere, ma appena muovevo il manubrio di lato, per girare intorno alla piazza, cadevo. Non ho mai imparato a svoltare e non tornammo più in quella piazza perché la bici era pesante e non avevamo spazio in casa. Giù al palazzo non era il caso. C’era il rischio di trovarne, al suo posto, dieci, e di non saperla poi distinguere dalle altre.

Ho sempre invidiato quei ragazzini dei film di E.T., dei Goonies, di quelle serie TV e film americani e tedeschi, ma anche inglesi, dove hanno tutto quello spazio e si muovono in bicicletta tranquilli e felici, corrono con altri amici e tutti in bici.

Amavo anche quel videogioco che giocavo durante la mia adolescenza, si chiamava Paperboy. C’era questo ragazzo che in bicicletta doveva consegnare il quotidiano lanciandolo mentre si pedalava.

Non ho mai imparato a portare una bicicletta, a tenermi in equilibrio e credo che questo fatto mi abbia poi segnato a vita, ecco perché non sono equilibrato, ho paura e non ho fiducia in me stesso.

E mio padre non potrà mai più insegnarmi.

 

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6 pensieri su “Il problema è la bicicletta

  1. Che bel post, Giovanni. Una riflessione molto profonda accompagnata da ricordi agrodolci.
    Al di là di tutto, mantenersi in equilibrio della vita è sempre una sfida, giorno dopo giorno. Ma non è detto che non non abbia ancora modo di imparare, sia ad andare in bici che a trovare un equilibrio.

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    1. Grazie, Maria Teresa. Non aver mai imparato ad andare su una bici è davvero un rimpianto. A Londra mi feci anche una foto su una di queste centinaia di biciclette ferme agli angoli dei marciapiedi che si prendevano in prestito per pochi spiccioli e che sono ovunque in città. Ricordo che era una bellissima giornata di sole e c’era mia madre che mi fece la foto. Speriamo di imparare tutte le due cose in futuro. 🙂

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  2. Non è mai troppo tardi: perché non impari adesso? Non c’è gente che prende la patente da adulta? E allora se si può imparare ad andare in macchina, si può imparare anche a pedalare. Certe volte ci convinciamo che le nostre insicurezze abbiano un origine, cerchiamo quelle cause che pensiamo siano state determinanti nel nostro personale processo di crescita, però poi diventano scuse. Volere è potere: prendi una bici e prova a trovare l’equilibrio che cerchi. Sono certissima che ce la faresti. 😉

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    1. Appena cambio città sicuramente 🙂. Dove abito ora è impossibile farlo e uscirne indenne. Però è pur vero che non posso pensare di attendere ancora, visto che il caos in cui ci troviamo durerà almeno un altro paio di anni. Sigh ☹️

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