13 anni di editoria e cambiamenti: parte quinta

Photo by Josh Hild

La volta scorsa parlavamo della differenza tra “self-publishing” e “vanity press”, di “smart working” e “remote working”, di piccoli editori in economia e di grandi editori anche loro con problemi quotidiani in ambito finanziario, che li ha spinti ad affrontare l’editoria in modo completamente diverso rispetto a 40-50 anni fa.

Un grande editore è una macchina da guerra, non ha nemmeno il compito di cercare nuovi talenti, i nuovi talenti li trova su YouTube, Instagram, TikTok, Facebook, Twitter/X. I nuovi talenti sono quelli che hanno un gran numero di seguaci e un gran numero di interazioni con gli stessi, per cui mettere il nome di un personaggio pubblico sulla copertina di un libro e far scrivere il libro da qualcun altro o lasciare campo libero al personaggio stesso facendo poco o nessun editing, è una cosa che succede spesso. Quello che conta, dicono loro, non è la forma, ma il messaggio dentro al libro. Attenzione, però, a non avere lo stesso pensiero ed essere un auto editore / autore indipendente, si rischia grosso.

Non è scouting, bensì marketing, ovvero non è la ricerca dell’autore bravo nel mare magnum, ma la mera presentazione attraverso un forte e continuo messaggio pubblicitario di un testo.

Nessuno cerca più nulla e nessuno di veramente nuovo, e nemmeno si prova, anche perché scommettere su un perfetto sconosciuto, nel 2025, non ha molto senso, con la grande crisi economica che c’è in giro. Nessuno regala niente a nessuno. Nessuno butta soldi nel cesso. Oggi i soldi si devono fare in maniera facile.

Però ricordiamolo comunque, non si può generalizzare, perché io ho visto coi miei occhi fare scouting serio, mi è stato chiesto due volte di pubblicare con piccoli editori, ma ho sempre rifiutato. E per questo mio gesto sono stato bollato da “scrittori” che conoscevo, e che cambiavano editore a ogni loro nuova pubblicazione, come eretico, pazzo, malato di mente. Ovviamente non hanno usato queste parole, ma mi hanno veramente tolto la voglia di vivere per il fatto di non rispettare una mia scelta. Perché la mia è una scelta precisa, non un ripiego.

Se avessi accettato di pubblicare per un piccolo editore sono convinto che non avrei mai pubblicato nulla di più che uno e un solo romanzo: “Le parole confondono” e non avrei ottenuto nemmeno il gran numero di copie che vendetti quando Amazon mi selezionò per l’offerta del mese. 30 giorni sulla vetrina più famosa del mondo. E si notava. Oggi non selezionano più nessuno per la vetrina. Oggi ci si mette in lista per arrivare a non essere selezionati perché l’algoritmo sa che non si venderà, o comunque la lista d’attesa è come quella dei servizi sanitari pubblici: infinita.

Un piccolo editore dopo aver editato un po’ e male (o magari anche bene, dipende dalla forma iniziale del testo) non ha un ufficio stampa o un distributore, per cui i suoi autori NON li puoi comprare in una qualsiasi libreria, alla fine lo scrittore pubblicato dal piccolo editore deve vendersi il libro da solo, fare lui da ufficio stampa, a volte anche da editor. Ho ricorretto libri di scrittori pubblicati da piccoli editori dove l’editing non c’era, o era stato fatto molto molto all’acqua di rosa, per cui ogni libro e ogni editore sono cose diverse, come lo sono cose diverse il “self-publishing”, l’editoria tradizionale e quella a pagamento.

Quando si cerca qualcosa da leggere ognuno sceglie e, chiaramente, leggere un buon libro non è facile, non lo è nel self-publishing come non lo è nell’editoria tradizionale. Forse qualcuno ha cercato molto di più nel self-publishing e ha preso libri a caso a fiducia e quindi ha scelto male e ottenuta molta più delusione perché in tanti si sono improvvisati, forse troppi, è vero. Io provo sempre col passa parola e a leggere l’anteprima. Sono stato fortunato perché bidoni non ne ho trovati. Ho cercato poco, è vero.

Al momento viaggio sul sicuro. Sto andando di titoli classici: “Notre-Dame de Paris” di Victor Hugo; “Nanà”, “L’assommoir”, “Thérèse Raquin”, “Germinal” di Émile Zola. Ho letto tantissimo Georges Simenon nei suoi romanzi vari, non quelli su Maigret. Trovo che gli autori francesi mi piacciano molto, tanto consigliati dalla mia professoressa di italiano alle superiori.

Degli autori indipendenti che ho adorato e che ho sempre visto come esempi da imitare e di cui ho goduto del loro successo come se fosse il mio vi parlerò nella prossima parte.

Volete una piccola anticipazione sul nome dei fortunati?

Nella mia top 10 degli autori indipendenti ci sono:

Ma tratterò di ciascuno di loro a tempo debito.

Voi conoscevate la differenza tra “self-publishing” e “vanity press”? Tra “smart working” e “remote working”?


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