Il riposo di IFELAPDCS… che non è una parolaccia

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Certi temi tornano sempre. In particolare, lo ha rimesso in ballo, in una delle sue infinite sfaccettature Marina Guarneri nel suo blog. Ma se ne potrebbe parlare così tanto che non basterebbero una serie di romanzi per concludere, se mai si possa concludere.

Ieri sera mi sono detto: “Inizio o non inizio l’editing di IFELAPDCS?”. Meglio fare editing di questo romanzo perché dell’altro non posso ancora in quanto non è stata finita di scrivere la storia. Quando dico “l’altro”, sto parlando del quinto volume de “Le parole confondono“. Non avevo tanta voglia di concludere la storia di Andrea Marini. Sì, c’è lui nell’ultimo inedito di questa serie.

Ho lasciato riposare IFELAPDCS per 8 mesi e 2 giorni. Sono più che sufficienti per riprenderlo. In realtà, lo avevo concluso per abbandonarlo del tutto. Il lavoro era compiuto, la storia aveva avuto il suo finale. Basta. Può bastare, no? Anche perché il lavoro di editing sarà luuuuuungooooooooo e non so nemmeno quante persone vorranno leggetelo e, nello specifico, chi.

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editori con errori ortografici

Ubik su Amazon

A volte ho letto di fantascienza, mi riferisco ai libri del ciclo Aurora di Rita Carla Francesca Monticelli. Mi sono piaciuti. Altre volte ho avuto la pessima idea di imbattermi in orrori pubblicati da grandi editori, orrori da cui hanno tratto, a loro detta, serie televisive bellissime. Ho comprato i primi tre volumi della serie da cui hanno tratto la serie televisiva “The Expanse”, ma non ho mai finito di leggere il primo romanzo. Sono arrivato al 70%, ma non mi incuriosisce affatto sapere come prosegue.

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riflessione sull’editoria di “La verità sul caso Harry Quebert”

(CC) Lauren Coleman from Flickr with Creative Commons license. No modification made to the picture.

Questa riflessione parte dalla recensione di “La verità sul caso Harry Quebert”, recensione divisa in due parti per motivi di spazio: parte uno, parte due.

Chi ha letto “La verità sul caso Harry Quebert” di Joël Dicker? I primi capitoli li ho letti anche io. Mi sono fermato al 25% circa dell’e-book e poi ho deciso di lasciar perdere. E-book preso nell’offerta del giorno di Amazon. Ne avevo sentito parlare, avevo visto in libreria questo mega mattone che vendeva molto.

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“La verità sul caso Harry Quebert”, di Joël Dicker, parte 2

La verità sul caso Harry Quebert, di Joël Dicker

Divido questa “recensione” in due parti (e una terza di cui sarà una semplice riflessione sull’editoria nell’anno 2018 e sul romanzo “La verità sul caso Harry Quebert”) perché troppo lunga.

Gli articoli già sono programmati, quindi tra qualche giorno saranno tutti accessibili: parte uno, parte due e riflessione sull’editoria di “La verità sul caso Harry Quebert”. Continua a leggere ““La verità sul caso Harry Quebert”, di Joël Dicker, parte 2″

“La verità sul caso Harry Quebert”, di Joël Dicker, parte 1

La verità sul caso Harry Quebert, di Joël Dicker

Divido questa “recensione” in due parti (e una terza di cui sarà una semplice riflessione sull’editoria nell’anno 2018 e sul romanzo “La verità sul caso Harry Quebert”) perché troppo lunga.

Gli articoli già sono programmati, quindi tra qualche giorno saranno tutti accessibili: parte uno, parte due e riflessione sull’editoria di “La verità sul caso Harry Quebert”. Continua a leggere ““La verità sul caso Harry Quebert”, di Joël Dicker, parte 1″

il valore di un’opera, di una propria opera

(C) dhester at Morguefile

Oggi, anno 2017, l’editoria è palesemente in crisi. In realtà questa informazione non è estremamente precisa. L’editoria era in crisi anche quando era in vita Fëdor Michajlovič Dostoevskij, ovvero nel 1800, quindi, correggendo, l’editoria è sempre in crisi.

Come oggi, anche all’epoca c’erano pubblicazioni che erano carta straccia. Solo che oggi c’è più carta straccia che in passato (pensiamo anche solo a quella digitale) e, peggio che mai, oggi, nessuno scopre nessun nuovo autore che sarà ricordato tra 100 o 200 anni. Toglietevelo dalla testa.

Oggi essere editore vuol dire avere un codice ISBN, il resto sono chiacchiere.

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Il selfpublisher NON esiste

Immagine con licenza CC0 rilasciata su Pixabay.

Spesso si inizia a usare un termine “nuovo” e tutti lì a inondare il web di informazioni errate (testate giornalistiche incluse), a volte lo si fa volutamente. Tanti a criticare e a fare disinformazione. Alla fine ti ritrovi una etichetta addosso, una etichetta che, però, ognuno interpreta a modo suo. In realtà, l’etichetta pura non esiste. Il selfpublisher NON esiste. Non esiste?

No, non esiste. E sicuramente se esistesse non avrebbe nulla da dimostrare a nessuno sul proprio operato e sul fatto di dover essere superiore o inferiore a qualcuno, può esserlo e basta, superiore, senza per questo che lo si debba dire, almeno non usando parole che escono dalla sua bocca, anzi, il selfpublisher, quello vero, che non esiste, non dice nulla. Fa.

Eppure, a forza di ricevere attacchi, insulti continui e costanti, alla fine, ti rompi i coglioni, e inizi a sclerare, dire che sì, tu sei un selfpublisher e sei meglio di Tizio, Caio e Zempronio messi insieme.

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Ma gli editori sanno cosa è un eBook?

(C) pippalou at Morguefile

Spesso ho parlato di qualità di un eBook riferendomi alla confezione, ovvero all’assenza di spazi tra paragrafi, alla presenza del rientro del primo rigo, alla presenza di un indice interno accessibile dal menu del lettore eBook (Kindle, Kobo, …). Una volta ho letto un eBook di un grande editore, venduto a ben 9,99 euro, ma ora rivalorizzato a 4,99, che era un disastro completo.

Errori di ortografia come l’acqua che viene giù dal cielo in una giornata molto molto piovosa. Almeno un errore o due a pagina. Errori dovuti al modo di produzione dell’eBook che era un ovvio testo ricavato da una scansione OCR. Cos’è una “scansione OCR”? Prendete un foglio stampato, passatelo dentro uno scanner tramite un programma OCR e questo produrrà un file di testo anziché una immagine prodotto della scansione come normalmente fa lo scanner.

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Il problema della Piattaforma

(CC) Tommaso Tani / Flickr licenza CC

Ho letto il libro di Michele Amitrani: “Confessione di un autore indipendente“.

E ho pensato: “Quando prendi e scrivi, quando prendi e pubblichi, quando prendi ed editi, quando prendi e non ti scoraggi… No, ti scoraggi, forse piangi, forse ti guardi allo specchio con la voglia di spaccare la tua stessa faccia”.

La Piattaforma è un serio problema. Viene prima di ogni cosa, prima ancora di ideare anche solo vagamente la trama di un libro che vorresti scrivere, prima ancora di scriverlo.

E, io, una Piattaforma non ce l’ho. Non ho nemmeno una piattaforma, con la P minuscola.

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un articolo con… selfpublishing nel titolo fa figo?

Fdecomite / Flick
Immagine: (CC) Fdecomite / Flick

Sappiamo oramai che la bolla dell’editoria è scoppiata. Ne parlava Antonio Tombolini in un suo articolo. Oramai la via dell’ebook che è l’unica che potrebbe rinfrescare l’editoria, a patto che si faccia una vera selezione come avveniva 40-50 anni fa, ma questa non è la scelta preferita dagli editori, resta come seconda possibilità, come riserva, e, nel 2017, ci sono ancora editori che non fanno gli ebook. C’è poi chi confeziona ebook scadenti anche come veste, chi ne fa di piccoli libretti di 90 paginette li vende tra i 4,99 e i 9,99 euro e senza criterio, per fortuna, così un vero selfpublisher può più o meno resistere e controbattere a questo tipo di editoria.

Nascono nuove case editrici come i funghi e quando poi si presentano parlano di SELFPUBLISHING (“che segnerà il nostro ingresso nel mondo del self-publishing…”). Cioè, affinché un articolo sia letto, si mettono la parola selfpublishing in bocca. Tanto è bella, è inglese, fa tanto in, fa tanto moda, non vi sembra? Con una parola come quella nel testo di un articolo, meglio ancora se nel titolo, saranno in centinaia a leggere l’articolo.

Eppure spesso le nuove case editrici con il selfpublishing non ci azzeccano proprio nulla. Non sanno nemmeno cos’è. Basta pensare anche all’evento fatto a dicembre a Roma per avere una vaga idea. Ma perché da quando è mondo è mondo per selezionare dei testi con un concorso si deve usare la parola SELFPUBLISHING al posto di SELEZIONE? Non lo so, lo diranno gli esperti di marketing? Forse i motori di ricerca spingono di più verso articoli con questa parola al proprio interno?

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