le grosse serie TV sono anche autoprodotte

Avete mai visto serie televisive serie? Parlo di quelle americane, quelle che sono fatte davvero bene.

Avete presente Alias di J.J.Abrams? J.J.Abrams il prodottore di Lost? Sì, proprio lui. Ha realizzato anche un film della serie di Star Wars.

Avete presente Breaking Bad? E avete visto Homeland? E House Of Cards?

Se la vostra risposta è sì, allora già sapete di cosa sto parlando, ma se non lo sapete, vi dico che gli attori principali delle serie in questione ci mettono anche soldi di loro tasca autoproducendosi.

Oggi l’autoproduzione è a grossi livelli in tutti i campi. Editoria, musica, film, serie televisive.

Alias

In Alias la protagonista è interpretata da Jennifer Garner. Nel 2001 il produttore televisivo propone alla Garner il ruolo dell’agente segreto Sydney Bristol per conto della ABC. Chiaramente l’attrice non ha prodotto l’intera serie, ma 17 episodi dal 2005 al 2006.

Bella. Da non perdere. È conclusa, ma merita. Ci saranno anche assurdità irreali nella trama, ma il modo in cui vengono presentate non sono affatto male. Si mantiene viva la narrazione e anche la sospensione dell’incredulità, nel modo in cui la serie viene narrata, per me, funziona.

Breaking Bad

Breaking Bad è un’altra famosa serie che sto vedendo da poco. Bella. Da non perdere. È conclusa, ma merita. In Breaking Bad, il protagonista Walter White è interpretato da Bryan Cranston che ne diventa anche produttore di 29 episodi dal 2011 al 2013.

Homeland

Homeland – caccia alla spia” è una serie ad alta tensione, ancora in produzione da parte del network Showtime con altre due stagioni inedite. La protagonista è Carrie Mathison interpretata da Claire Danes. L’attrice ha prodotto anche 24 episodi dal 2013 al 2014, divenuta poi produttore esecutivo per 12 episodi dal 2016 al 2017 e produttore co-esecutivo nel 2015.

Il produttore esecutivo però non paga ma viene pagato.

House Of Cards – gli intrighi del potere

House Of Cards è una serie thriller politica con protagonista Kevin Spacey che ricopre il ruolo di Frank Underwood e partecipa anche come produttore dal 2013 di tutti gli episodi.

I costi di una serie

I costi di una serie televisiva sono elevati. Non sono paragonabili a quelli di produrre un ebook, sebbene, se si volesse pagare un editor, un grafico, una persona competente di marketing, di social network, che magari crea una propria immagine e la cura ci sono costi. Non sono, in ogni caso, paragonabili a quei costi che si legano dietro la realizzazione di ogni singola puntata, di una intera serie, inclusi i costi eventuali per caricarli su piattaforme come Netflix, costi di cui mi sono informato. Non sono dovuti a Netflix, ma a società che si occupano di convertire il prodotto in un file codificato opportunamente per Netflix e per poi mettere a disposizione sui server di Netflix detto file per ogni puntata. Immagino, ma è solo una mia idea, che una produzione di singolo episodio possa aggirarsi sui 100’000-300’000 dollari. Ma potrei dire cose non veritiere.

Un attore che interpreta il personaggio principale di una serie crede nel suo lavoro e finisce per investirci anche i soldi che ha preso dal suo guadagno come attore o comunque da fondi che disponeva, considerando che poi sarà ripagato quando il prodotto serie televisiva si diffonderà su Apple iTunes, su Google Play Store, Netflix, ecc…

In Italia alcune serie non arrivano su questi canali. Per esempio House Of Cards è una produzione Netflix che Sky Italia ha comprato e quindi gli utenti italiani non potranno mai vederla su Netflix, ma basta già spostarsi nel Regno Unito che si può, con tanto di doppiaggio in italiano.

Da iTunes e da Google Play Film Italia sono completamente assenti tutte le serie sia italiane che estere, ma se ci si sposta nel Regno Unito no. Lì ci sono tutte. C’è Homeland di sicuro. CSI Las Vegas, ecc…

Autoproduzione

Questa è la parola che oramai è un must: autoproduzione.

Un must per chi sa farlo, per chi conosce persone capaci che ti chiedono anche un costo, ma che poi ti fanno vendere un ebook su cui hai lavorato duramente tanti mesi, o anni. 3 anni come nel mio ultimo ebook pubblicato che è praticamente stato letto da 2 persone. Il costo è alto? Un ebook di 3,99 euro e un cartaceo di 12,99 euro è un prezzo improponibile? Pazienza.

Ma il problema è anche un altro. Io NON so fare promozione. Quelle poche volte che ci tento capisco che non è il mio mestiere. Naturalmente non è che uno ci prova una volta o mezza volta e tutto funziona, perché altrimenti si vederebbero libri come il pane e, invece, pare che il numero di lettori ufficiali nel 2017 sia sceso ulteriormente.

Però, sapete, ci sono scrittori pubblicati da grossi editori, che poi fanno anche i giornalisti (è un binomio irrinunciabile: scrittore di grande editore E giornalista per grandi testate giornalistiche) dicono che l’unica strada è l’editore. Lo dicono quando loro già ne hanno uno e GROSSO. Magari saranno pure bravi. Io non sto a discutere se lo sono o meno, nemmeno mi importa, figuriamoci, però non si chiede mai: “Oste, com’è il vino?”. L’oste della propria locanda può mai dire: “Oggi fa schifo, te lo sconsiglio vivamente”. Io credo che direbbe: “Proprio oggi c’è un vino dannatamente buono”. Un po’ come quando intervistano i politici e gli chiedono se credono di aver fatto buone cose. Avete mai sentito un politico dire che ha fatto un disastro? Io no.

A prescindere dalle mie azioni, dalle mie competente e incompetenze, sono molto avvilito. Sto cercando di rilassarmi scrivendo molto meno e senza avere in mente date di pubblicazione e quale storia far venire prima di un’altra. Mi avvilirei solo di più.

Oramai una cosa è sicura. Scrivere per poi pubblicarsi è tempo buttato. Sinceramente non so cosa farò. Sto continuando a scrivere ogni tanto. Ho iniziato anche nuove storie, ma non c’è fretta. Potrei anche non pubblicare più nulla o forse (dico forse) farlo. Di certo non succede granché, niente in realtà. Non mi cambia la vita. Come ho sempre saputo. Questa cosa non l’ho scoperta di recente. Lo so da 5 anni.

C’è sempre un canale Telegram e una newsletter nel caso decidessi qualcosa e qualcuno lo volesse sapere.

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5 pensieri su “le grosse serie TV sono anche autoprodotte

  1. Interessante la parte sull’autoproduzione delle serie televisive, che non conoscevo. Mi è invece ben noto quanto scrivi poi sui libri. Personalmente sono passato da varie esperienze, ma soprattutto due editori medi e l’autopubblicazione. I risultati sono stati analoghi e gli sforzi simili. Con un editore ti senti forse meno solo nell’impresa, ma nel pubblicare mi sono, in realtà, sempre sentito parte di un inseme. I miei libri sono spesso nati in rete, dove ho trovato gli illustratori (ho fatto delle cose che chiamo gallery novel) e dove tanti amici virtuali mi hanno aiutato con l’editing (lo chiamo web editing). Ora, per la prima volta, sto cercando il territorio (invece del web). Ho scelto un editore locale (a Firenze dove vivo) e voglio provare a farmi leggere in città, anziché nel mondo. Vedremo come andrà, ho appena cominciato.

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  2. Mica solo gli americani fanno belle serie. Anzi, ultimamente grazie a Sky sto scoprendo il meraviglioso mondo delle serie britanniche, che in America (e nel resto del mondo) spopolano, perché rispetto a quelle di casa loro hanno storie totalmente imprevedibili. 😀
    Non commento sul resto. Sai già come la penso. 🙂

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