
Se oggi nel 2018 siamo tutti connessi, risulta però che siamo, al tempo stesso, totalmente disconnessi, un po’ come nel film Disconnected di Henry-Alex Rubin del 2012. Oggi, nel mese di ottobre dell’anno di grazia 2018, c’è chi ha la testa dentro un PC, dentro un Mac, dentro uno smartphone e un tablet per tutto il tempo credendo di essere in contatto con tutto il mondo, eppure non è così. È semplicemente isolato e, tra l’altro, questa cosa, fa un po’ paura.
Accade già coi ragazzini, coi bambini. I genitori (ma solo perché lo fanno tutti gli altri genitori allora dovete farlo anche voi?) abbandonano e danno questi strumenti in mano ai figli già dall’età di otto anni, per non dire anche molto prima e, chiaramente, li hai persi, arriveranno solo a usare sempre di più lo strumento e a compenetrare mondi virtuali che sembrano però dannatamente reali.
Si crede di stabilire connessioni, rapporti umani. Spesso non si stabilisce un bel nulla. Gente che ha 5’000 amici su Facebook. Per non parlare di quelli malati di “like” su Instagram o su Twitter, su Facebook. Questa malattia dei “like” ha portato gente che non capisce nulla di nulla a diventare “famoso”, famoso di cosa? Ah, boh, di…
Argomento ripreso nell’episodio Nosedive di Black Mirror e affrontato in modo perfetto. Un futuro che già è presente!
Si fanno battaglie per conquistare “follower”, i “seguaci” un po’ come se fosse una setta, e in alcuni casi mi pare il concetto sia abbastanza prossimo. C’è addirittura chi te li vende i seguaci, perché più gente che ti segue hai, più gente che ti lascia un “like” hai, più potrai diventare un Influencer… Che? Influ… che? Uno che influenza le sorti di molti settori. Moda? Tecnologia? Gadget? E magari le aziende iniziano a pagarti per mettere le foto su instagram dei loro prodotti che tu usi e consigli 😉 . E se sei uno YouTuber pieno di seguaci (diciamo un paio di milioni di seguaci) può capitare che un editore ti contatta e fa mettere il tuo nome su un libro che (chissà, sarà verò?) non hai scritto tu personalmente 😀 .
Alcune persone che seguo su Instagram, in mezzo alle foto di panorami, ci piazzano ogni tanto quelle di orologi da polso con tanto di codice per comprarne uno nuovo con lo sconto… Mah!
Per non parlare di WhatsApp!
Qualcuno da fuori di matto se WhatsApp non funziona, sempre a controllare se un dato messaggio è stato letto o meno. La gente fa tutto su WhatsApp. Una volta, per strada, ho sentito dire: “Dai, ci ragioniamo dopo su WhatsApp”. Ci ragioniamo dopo su WhatsApp? 😀
Oppure, mi raccontano alcune persone, che si creano gruppi di WhatsApp di scuola dove le mamme stanno tutto il santo giorno a mandare messaggi anche fuori tema e, a fine serata, si sfiorano anche i 400 messaggi banali non letti. Per non parlare dei messaggi vocali. Nessuno si rende conto che si fa passare la propria voce su un canale esterno che registra tutto ciò che ci transita sopra. La gente si invia decine e decine di messagi vocali giornalieri tanto da poterci fare sintesi vocale ed intelligenza articificiale.
Sintesi vocale ed intelligenza articificiale? Cioè? Cioè possono prenderela tua voce, campionarla, recuperare tutte le parole del testo, analizzare la tua intonazione e creare con l’intelligenza artificiale un sistema per cui un altoparlante può produrre la tua voce creando discorsi interi pronunciati con la tua voce e di cui nessuno capirebbe che non sei tu che parli, tra qualche anno di certo, inolte ci vorrebbe nulla a creare una sorvegliaza basat su microfoni al posto delle telecamere. Visto che hanno la voce di tutti, e l’hanno analizzata, potrebbero sapere tizio e caio in che punto del mondo sono in un certo momento. Telecamere o geolocalizzazione del cellulare sarebbero diventate tecnologie obsolete.
Tutta questa tecnologia non sta facendo altro che creare più solitudine e situazioni assurde passate poi per normalità.
Una volta i ragazzini uscivano per strada, organizzavano una gita al mare, giocavano col pallone nel cortile del proprio palazzo con altri ragazzi, oppure fittavano un campo di calcetto. Oggi, invece, li vedi in gruppo ognuno col proprio smartphone in silenzio a smanettare su quelle tastiere virtuali e senza scambiare una fetente di parola.
Oppure a fare emerite puttanate in pubblico perché poi ne fanno un video e lo condividono e magari ricevono “like” da altri che la pensano come lore e che, oggi, non sembrano affatto essere in pochi.
Ma davvero facciamo? Stiamo allevando dei disastri… forse dei sociopatici?
Per non parlare del bullismo tecnlogico. Su questi canali viaggiano foto di tette, culi, c…i e v…e che si fanno e scambiano tra loro come regalino, oppure fanno sesso, o stuprano e ci girano il video dello stupro. Sono ancora inorridito per i fatti successi in una nota località dove tramite WhatsApp i dipendenti di una struttura avevano creato questo gruppo virtuale dove organizzavano gli stupri di gruppo.
E poi vedi gente, con uno smartphone in mano, nella stessa stanza, col capo chino, e sempre occupata. A fare che? Ah, boh… In una puntata di The IT Crowd, fantastica serie comica inglese, ci sono questi tre personaggi dentro la stessa stanza ognuno seduto a una postazione diversa… e chattano tra di loro. 🙂
E una sera, passando davanti a una panchina c’era una persona che ascoltava un messaggio vocale arrivato su un gruppo WhatsApp. Il messaggio è partito proprio mentre io ero lì davanti e sono uscite una serie di maleparole in dialetto stretto, ma qualcosa da far venire i brividi, il modo in cui venivano pronunciate, il timbro della voce. Insomma, qualcosa di inenarrabile.
Oramai, questi strumenti, sono alla mercé di chiunque chiunque chiunque. E su quei mezzi si dicono di tutto e di più.
Ci sono persone che con il virtuale irrompono nella vita privata della gente senza nemmeno rendersi conto che lo hanno fatto o che dà fastidio. Oramai i famosi bassi e i ghetti delle città si sono spostati anche su internet. Il problema non è il mezzo, il mezzo viene usato dalle persone. Non tutte sono così, per fortuna, ma l’ago della bilancia si sta davvero spostando in una strana posizione, o mi sbaglio?
Tutti hanno una connessione dati, ma nessuno ha voglia o tempo materiale per gestire i rapporti umani base. Nessuno sembra nemmeno sapere più quali sono i rapporti umani di base, quale siano i comportamenti spontanei, corretti. Poi magari, non so, lasciamo nella nostra sfera privata accadere cose perché diamo per scontato che l’altro avrebbe dovuto intendere un fatto in un modo che noi pensavamo anche se non glielo abbiamo comunicato perché era così evidente, così esplicito. Evidente? Esplicito? Una volta succedeva nei bisticci a scuola, quando non c’erano i telefonini, oggi succede sui telefoni anche se la scuola è finita da un pezzo.
Tutto quello che accade deve essere comunicato anche in modo improprio al mondo intero. Tutti sanno subito, anche estranei, cosa abbiamo cucinato, se stiamo mangiando a casa nostra, di un amico o in un ristorante e dove si trova il ristorante e come si chiama, se siamo a un battesimo o a un matrimonio e di chi, e come era vestita la sposa, chi partecipava. Come se gli altri non cucinassero o non andassero mai a ristorante. C’è chi eccede. Una foto ogni tanto passi pure, ma l’intero buffet, tutti i primi piatti, i secondi, i contorni, la frutta, i dolci di ciascuno, magari prima il piatto pieno e poi quello vuoto… La fantasia scattofotografia non ha limite. Beh, magari abbiamo 30-40-50 GByte da consumare e non sappiamo come fare.
Oppure, se tra X mesi stai per sposarti, sappiamo se stai scegliendo il colore delle mattonelle del bagno, quale tipo di cesso (la marca), quanto lo hai pagato, se ti hanno fatto lo sconto, se lo hai comprato da un amico, oppure si può anche conoscere la tavoletta da mettere sul cesso (colore, forma), 😀 ecc… ecc…
E sono cose che mi sono capitate di leggere, gente che rendeva queste informazioni pubbliche, invece di scambiarsele nel privato con la futura consorte. Per non parlare di quando nasce il bambino. Prima, durante e dopo. Tutte le ecografie. Tutte tutte. Le analisi. Decine e decine di foto del nato, in tutti i momenti della giornata, magari pure mentre gli cambi il pannolino, come se non sapessimo che i bambini fanno la cacca.
Oppure succede che siamo così immersi in questa grande comunicazione di massa, e così soli, che diamo fiducia a un estraneo, arrivando a fidarci più di uno sconosciuto, che alla fine si rivela per quello che non è, piuttosto di chi sta in silenzio nella nostra stanza mentre noi smanettiamo sulla chat.
Si licenzia persino con un messaggio SMS o messaggio WhatsApp che sia. Abbiamo tutti gli estremi, tutta la fascia di ascolto e tutte le tematiche che passano sempre e solo sui social network, sulle applicazioni di messagistica.
L’intenzione del mezzo è buona. Permettere una comunicazione più semplice e immediata affiancandosi a quella tradizionale che avviene con un contatto diretto, umano. La tendenza è quella ad abbandonare la comunicazione tradizionale per vivere solo di questa più moderna.
C’è tanto di quel materiale per farci storie, alcune anche molto forti, tanto forti che non si avrebbe nemmeno il coraggio di scriverle. Spesso ci penso, ma poi passo la mano.
Quindi, concludendo, nel 2018… manco le basi, come dice Mario Brega nel film “Un sacco bello” di Carlo Verdone.
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È, paradossalmente, un periodo oscuro per la comunicazione. Sarei stato più fiducioso se le cattive abitudini fossero rimaste relegate alle tastiere e ai monitor, ma l’ubiquità dello smartphone è diventata tale da portare la digitalizzazione dei rapporti anche negli ambienti in cui ci si trova spalla a spalla.
Forse un giorno toccheremo il fondo e ne riemergeremo più saggi. Forse.
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