
Il problema non è… il problema.
Cioè?
Quando esiste un problema noto, ricorrente, presente da decenni e su cui si fa ben poco, molto poco, o qualcosa ma molto molto male, per tentare più o meno una soluzione, però senza, in effetti, risolvere un bel nulla, alla fine il grattacapo smette di essere tale. Diventa una normale e noiosa questione con cui si deve convivere, volente o nolente, una normalità che però qualcun altro che riesce a guardare in modo più distaccato non considera affatto una cosa consueta a tutti gli effetti, e, in maniera oggettiva, non lo è.
Un esempio?
La politica in generale. Quando sono all’opposizione tutti hanno la ricetta, ma quando governavano non ce l’avevano, a quanto pare. Quindi, né prima, né durante, né dopo il periodo di governo.
Oppure? Qualcosa di più vicino a noi essere umani normali? Il pessimo servizio di trasporti publico i cui orari sono così casuali che non esiste app per smartphone che resista se i dati a cui accede per fornire dette informazioni non esistono, oppure sono sballati.
È un problema attendere a una fermata un tempo indefinito che può variare tra cinque minuti e due ore? O magari anche 24 ore, se quel giorno hanno rimosso dal servizio il mezzo pubblico che serviva senza un avviso sulle fermate. Sì, ma se c’è traffico perché non ci sono vigili e perché le strade sono strette e ci sono auto in sosta anche in tripla corsia e il pullman non arriva anche per queste cause? È una seccatura o non lo è? Ripeto: lo è o non lo è?
Il problema non è il problema in sé. Il problema è parlare del problema, renderlo pubblico, magari anche a livello nazionale. E diventa persino noioso perché sono cose che vengono dette e ridette senza sosta, senza che cambi mai nulla e, alla fine, vengono sotterrate e dimenticate.
Tipo: che fine hanno fatti i soldi donati dagli italiani ai terremotati? In parte pare siano stati usati per scopi che non hanno nulla a che fare con la ricostruzione di case o col donare pasti a chi è rimasto per strada mesi. E i restanti sono stati “congelati” in attesa di bandi di gara pubblici per assegnare quei soldi per ricostruire L’Aquila, le città dell’Emilia Romagna colpite dal dramma, e dopo anni non se ne sa più nulla, poi, però, tornano regolarmente in TV a chiedere di donare soldi. Soldi che poi non si sa bene che fine fanno e in quanta parte e quando arrivano a destinazione. Tanto, chi ricorda dei soldi perduti per il terremoto? Sono passati anni. La gente dimentica.
È o non è un problema che in diedi adolescenti diano addosso a un uomo di 53 anni perché gay?
È o non è un problema detonare bombe il pomeriggio del 31 dicembre in preparazione dei fuochi della mezzanotte? Non lo è se non arriva sui quotidiani nazionali la notizia che magari mentre si detonava, qualcuno, in auto o a piedi, si trova vittima della deflagrazione. Un po’ come quando esplodono bombe a Bagdad. Ma se la notizia arriva ai quotidiani nazionali, o magari anche quelli internazionali, si può sempre dire che ce l’hanno a morte con quella città e il sindaco si indignerà, dirà che farà causa a destra e a manca. Di certo, invece, non si dirà: “Individueremo i responsabili e prenderemo seri provvedimenti”. Alla fine finirà con una pacca sulla spalle: “Erano ragazzi. Volevano divertirsi. Non siete stati ragazzi anche voi? Era la vigilia di Capodanno. La vittima ci è capitata di mezzo per una pura casualità”. Anzi meglio. Non si farà nulla. È stata una mera fatalità. Non pensiamoci più.
D’altra parte non è la prima volta che c’è una notizia su un quotidiano e poi nulla più sull’evoluzione dei fatti. I responsabili della morte di Salvatore Giordano sono stati trovati? Non lo so. Ma suppongo di no. Qualcuno nemmeno ricorderà più di questo ragazzo. A luglio faranno quattro anni dalla sua morte. Come di lui di tante altre cose. Notizie che durano poche ore, forse un paio di giorni, e poi il nulla assoluto.
Quindi, una notizia, è un problema e non lo è a seconda del punto di vista, come se certi fatti potessero essere giudicati con leggerezza perché lo sono. La civiltà si vede anche quando un sindaco non si impiccia di cose non proprie, ma si impiccia in prima persona per la soluzione reale dei disagi quotidiani che nessuno conosce se non abita in una città per un po’ di tempo e, anche vivendoci, poi il disagio diventa cronico al punto che due sono le cose: o resti lì e smetti di parlarne, oppure fai i bagagli e te ne vai da un’altra parte, pregando di non imbatterti nello stesso grado di civiltà.
<ironia>Quindi, ricordate: i problemi non esistono. Sono una invenzione dei giornali e delle televisioni che deformano la realtà e sono complottisti.</ironia>