
Spesso, credo da anni, oramai, gli editori tutti barano sul termine romanzo. Una volta ho sentito parlare addirittura di saga per una raccolta di alcuni testi che insieme non superavano le dimensioni di un romanzo breve (secondo lo schema riportato in fondo all’articolo).
Si presenta una novella, a volte nemmeno una novella, ma un semplice racconto, col nome di Romanzo e, spesso, viene scritto sulla copertina così: “ROMANZO”. Un po’ come se bastasse scriverlo per renderlo davvero tale.
Niente di polemico, ma se io vado in un negozio e chiedo un pezzo di pane da 1 chilo, poi non possono darmi un pezzo di pane da 250 grammi e dire: “È comunque pane che le ho dato, qual è il problema, non voleva del pane?”.
Voglio solo dire che se c’è una definizione tecnica per queste parole: romanzo, novella, racconto, ecc… Perché non bisogna rispettarla? La nomenclatura ha un suo perché.
Torniamo alle definizioni. In genere, un testo lo si può chiamare anche racconto nella sua accezione generale, ma quando è un romanzo? Quando una novella?
Ovviamente, non vi presenterò esempi errati perché non ci tengo a fare polemiche o dire che Tizio sbaglia o che sbaglia Caio. Voglio dire un’altra cosa con questo articolo. Se ci sono dei dati, se esistono delle parole che contraddistinguono la dimensione di un testo, perché non usare quella appropriata? È tanto difficile? Possibile che il marketing debba sempre fare così tanti danni da confondere il lettore? Certo, alla fine poco importa, ma non è vero. La questione è che vogliono spingerci a non interessarci mai di nulla perché tutto fa brodo.

Definire un testo racconto o novella, non è che lo rende squalificante, non è che sono parolacce, non è che si sottintende che si parli di robaccia. Se vi state facendo pensieri del genere, allora vuol dire che non avete mai letto le NOVELLE di Stephen King. Novelle che sono bellissime, autentici pezzi di letteratura. Storie potenti e superbamente narrate come nel caso delle 4 novelle presenti nella raccolta “Stagioni diverse“.
Ma quali sono i termini tecnici?
Le lunghezze sono indicate in parole. Informazioni che troviamo su ogni e-book venduto sul sito di Kobo, dove c’è addirittura l’indicazione del tempo di lettura. Un grande passo avanti rispetto allo store di Amazon dove queste informazioni sono totalmente assenti, insieme all’informazione che riguarda il DRM, cosa che sempre sul sito di Kobo è specificata.
Esempio: “Un giorno, sempre”, di Giovanni Venturi. Link sullo store Kobo.
Indicando l’unità di misura in parole, ecco la nomenclatura esatta, nomenclatura fornita da Rita Carla Francesca Monticelli e che condivido:
- Microstoria/racconto breve: fino a 1’000
- Racconto medio: da 1’000 a 7’500
- Novelette/racconto lungo: da 7’500 a 17’000
- Novella: da 17’000 a 40’000
- Romanzo breve: da 40’000 a 50’000
- Romanzo medio: da 50’000 a 80’000
- Romanzo lungo: oltre 80’000
- Romanzo epico: oltre 150’000
I programmi di videoscrittura riportano queste informazioni. Ci danno sia il numero di parole che quello di caratteri spazi inclusi, che il numero di pagine.
Questo è quanto. Secondo voi perché non viene usato il termine giusto? È difficile fare queste differenze? E, se sì, perché lo sarebbe? Usate Kobo Store per vedere un “romanzo” di quante parole si compone?
Quella tabellina la conosco. 😛
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infatti 😀 scusa se non ti ho menzionata nell’articolo, ma l’ho riscritto tante di quelle volte che alla fine mi sono scordato di farlo. Vedi ché ora ho sistemato 🙂
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:*
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