
Il giorno 17 di ogni mese mi ricorda che un altro mese è passato da quando ho iniziato a scrivere l’ultimo libro della mia saga familiare “Le parole confondono”.
L’ultimo è il settimo volume, quello con cui molto probabilmente chiuderò l’intera saga, e forse l’intero mio ciclo di autore. Non ho saputo coltivare affatto il passaparola, la promozione.
Il 17 marzo 2020 iniziai a mettere insieme le prime righe di ciò che ho sempre saputo essere l’ultima volta in cui – almeno per chi ha letto i sei volumi precedenti – sentiremo parlare di Andrea, Giulia, Francesco, Salvatore e Sergio.
Sono passati 19 mesi da allora, ovvero 1 anno e 7 mesi. Se avessi scritto ogni giorno di questa storia avrei finito più di un anno fa, magari dopo sei mesi, o forse anche solo due mesi mi sarebbero bastati, ma non è stato affatto così. Mi è capitato anche di non scrivere nulla per mesi per motivi vari.
Mancanza di tempo sufficiente. Non si riesce a scrivere se manca il tempo, se non si possono dedicare un paio di ore al giorno alla stessa storia. Perché si arriva a un certo punto che non si ricorda di preciso cosa è stato già raccontato e si corre il rischio di battere ancora su temi, o magari, con dialoghi e scene che già si sono usate all’inizio o ci si perde del tutto.
Mancanza di stimoli. Il fatto di non promuoversi a sufficienza o di non farlo affatto pone sempre una domanda fondamentale: ha senso continuare a scrivere per poi pubblicare? Chi leggerà mai senza sapere che i miei scritti esistono? Perché pubblicare non vuol dire arrivare all’ultima scena e poi, in fretta e furia, si fa una rilettura spicciola e si pubblica. Voglio dire, c’è gente che lo fa ogni giorno, ma non è una mia pratica. Io devo rileggere l’intera storia almeno sette volte, farla leggere ad altri, leggere le loro annotazioni, riflettere, riscrivere, tagliare, amalgamare, pensare ancora, rileggere ancora, e rileggere, e rileggere.
Quindi capirete che per me il processo della pubblicazione è davvero un parto difficoltoso. Tante volte mi sono detto di lasciare perdere, perché il gioco non vale la candela, perché il tempo dovrei usarlo in modo migliore, eppure ho tante idee che non riescono a stare ferme, alcune le ritengo anche pericolose.
In che senso? Ho letto alcune recensioni in cui lettori e lettrici non sono propensi al racconto della realtà nella sua essenza, desiderano solo che le idee dello scrittore debbano coincidere con la propria, pena l’assegnazione di una sola stella in maniera anonima e, di questi tempi, idee “pericolose” te ne vengono tantissime. Qualcuna l’ho buttata anche fuori con la raccolta di 9 racconti lunghi di “Questa estate succede che” e so che qualcuno me lo ha fatto notare, però quella raccolta doveva essere scritta così, avrebbe bisogno di altre storie ancora. E non perché sono poche pagine – sono tante pagine, in realtà – ma solo perché di storie tragiche di ferragosto ce ne sono tantissime. Magari col prossimo ferragosto, chissà.
Nell’ultimo volume de “Le parole confondono” dovrò far tornare tutti quei personaggi della saga che sono apparsi in alcune storie. Bisogna salutarli tutti e poi lasciare che la vicenda si concluda magari con qualche punto interrogativo. Per due motivi.
Il primo è quello di permettere al lettore di farsi la propria idea di come potrebbe eventualmente evolvere la situazione partendo da quel finale. Il secondo motivo è quello che mi permetterebbe di riprendere le redini da dove si è interrotto il tutto e rispondere a quelle domande che ho posto, se ci fossero tanti a leggere questo volume e me lo chiedessero. Punto più sul primo motivo, però.
Il settimo è chiaramente un venire fuori di una serie di situazioni che possono essere comprese e apprezzate appieno solo da chi ha letto i sei volumi precedenti.
C’era bisogno di sette volumi, alcuni anche molto corposi per raccontare una storia? Sì, ogni storia può continuare, basta trovare una motivazione, un punto di aggancio, un nuovo punto di vista. Certo, solo se si ha qualcosa di nuovo da dire. Ma su questo punto non si può avere la bacchetta magica e dire subito quanti volumi o parole precise occorrano per parlare di X personaggi.
Anche l’evoluzione della vita dei protagonisti, il trasferimento in una nuova città, il ritrovarsi dei personaggi degli altri libri, penso possa andare bene come motivazione per creare un altro volume, ma non mi limito a questo. In questa parte de “Le parole confondono” c’è una nuova rivelazione, c’è una nuova storia sin dal primo rigo. Ci sono tante domande e man mano troveranno risposta.
È impegnativo muovere personaggi vecchi e nuovi, tracciare dei percorsi narrativi impeccabili, far vivere le atmosfere e le emozioni che certe città possono donarti. Ci provo. La storia è a buon punto. Ho superato i vari climax, ora non mi resta che raccogliere le ultime cose e chiudere, far tornare un paio di personaggi e poi salutare il lettore. Ho già in mente la scena finale. So quali personaggi vi parteciperanno e dove si troveranno e in che periodo.
Sarà di primavera. È la primavera che ha smosso la storia sin dal primo volume e sarà la primavera a concludere ogni intreccio.
Poi, voglio, dire ognuno legge ciò che vuole, se qualche altro lettore si interesserà alla mia saga ben venga, ma non mi aspetto nulla. Sono anni che pubblico e so bene cosa vuol dire, farlo oggi, nel 2021.
Certo, questo settimo volume può leggersi anche in modo indipendente, non si approfondisce la vita di ogni personaggio perché ognuno ha avuto il proprio volume per parlare di sé.
Andrea Marini nipote in “Le parole confondono”.
Francesco Sacco in “Certe incertezze”.
Giulia Cataldo in “I motivi segreti dell’amore”.
Gianluca Trespolo in “Un giorno, sempre”.
Andrea Marini nonno in “Sempre coi tuoi occhi”.
Sergio Dattilo, Salvatore Dattilo e Monica in “Sai correre forte”.
È altrettanto chiaro che chi conosce già tutti e sei i volumi precedenti troverà molto piacevole questo settimo, indispensabile.
Avevo già in mente la trama mentre scrivevo “Sai correre forte”, il quale nasceva come storia indipendente, ma che per forza di cosa è diventata poi il sesto volume. Una lettrice fedele mi suggerì un possibile sviluppo e l’idea mi piacque. Oggi quell’idea di anni fa ha trovato la forma giusta e si spera giunga al termine a breve.
Ho riletto già diverse volte tutto il testo, anche perché, con le varie interruzioni, volevo essere sicuro di cosa stessi scrivendo.
Ho appena finito di leggere “Il processo” di Franz Kafka e ora sto leggendo “Il racconto dell’ancella” di Margaret Atwood, romanzo scritto nel 1985 e pubblicato in Italia nel 1988.
Voi leggerete il settimo volume de “Le parole confondono”? Vorreste vi fosse anche un ottavo volume? E ora cosa state leggendo? Penso che solo con la lettura si superino certe vicende maledette del mondo reale, poi ognuno è libero di leggere o non leggere. Non siamo tutti uguali.