Da qualche giorno mi si è messa in’idea in testa. Mi è stata ispirata dalla fantastica serie Televisiva prodotta dal genio di Jeffrey Jacob Abrams. Naturalmente parlo di Lost. È finita, ma allo stesso tempo non lo è…
Immaginiamo di scrivere un romanzo… Beh, l’ho già fatto e in particolare sto pensando a quello che ho scritto. Per me è stata una cosa vera. Ho vissuto la storia coi personaggi e quando so cosa accadrà loro mi rendo conto di non volerli lasciare. Di continuare a scrivere di loro. Siccome nel romanzo accade una cosa che stravolge le vite di tutti quelli coinvolti nella storia, mi chiedo se alla fine del libro non si possa allegare una serie di capitoli di… chiamiamoli di “bonus track”, come quelle dei CD audio, quando regalavano, non so, la versione particolare di uno dei brani presenti nell’album.
Sarebbe il primo libro con “bonus track”. Immaginiamo che il climax sia avvenuto. Che le vite dei personaggi vengano sconvolte, che riescano comunque ad andare avanati. Se poi nel finale si torna sulla stessa scena e si cambiano gli avvenimenti in modo particolare. Come hanno fatto in Lost, che alla fine non cambiava solo il punto da cui parte tutta la narrazione, ma anche il passato. Sarebbe una cosa interessante da sperimentare, ma già so che come esordiente nessuno accetterebbe e nessun editore mi pubblicherebbe. Sarebbe una cosa pretenziosa. Una specie di “Slighting doors”, sì, il film. Che ha due versioni della storia.
I fumetti potrebbero farlo. Il web stesso ci permette facilmente di avere storie a bivi. Alcune sono anche uscite al cinema. Dove lo spettatore decide cosa vorrebbe vedere premendo su un pulsante e, se la maggioranza ha scelto A, anzicché B, allora il film continua con le scene A, anzicché B. In alcuni casi lo spettatore torna più volte al cinema per vedere se riesce a vedere anche le scene B.
Il mio romanzo si interromperebbe, finirebbe. Poi al capitolo successivo si rivive una stessa scena importante cambiandone il finale, anzi magari si parte dal quel finale, ma pochi istanti prima, magari realizzando un lieto fine oppure aggiungendo un trasporto ancora più forte.
C’è solo un problema. I personaggi. Chiunque abbia visto Lost si è reso conto di come siano complessi e ben delineati tutti i personaggi, di come li abbiamo imparati ad amare e a odiare, di come siano coerenti. Ho scritto un romanzo con dei personaggi interessanti e di cui qualcuno vorrebbe vedere un finale “alternativo” pur di non lasciarli “presto”? Non lo so, magari sì, magari no.
In questi giorni mi sono reso conto che molti scrittori si gasano. Quando pubblicano un’opera pensano di aver scritto il libro del secolo. Beh, anche penso che farò parte della categoria quando sarà. E poi, detto tra noi, se un esordiente non si gasa per quello che ha scritto come si fa? Il libro non si promuove da solo. Ha bisogno che qualcuno ci creda… E se non è così per chi lo ha scritto, allora chi dovrebbe crederci? Mi rendo conto però che per quanto uno si gasi, alcuni libri sono banalucci. I personaggi sono superficiali, soprattutto i secondari. Difficilmente un libro di un esordiente mi ha preso tanto. Ma uno c’è stato. “Non più solo” di Marco Medugno (Giulio Perrone LAB), ah dimenticavo c’è anche “Via da lì” di Enza Alfano (Boopen LED) e “Volevo Ringo Starr” di Daniele Pasquini (Intermezzi Editore) 🙂 . Ho adorato i personaggi, la storia, e alla fine del libro volevo continuare a sapere che fine avrebbero fatto. 🙂 Se guardate tra le mie recensioni troverete il mio pensiero su questi tre libri e se ancora non l’avete fatto, almeno una lettura dovete farla 😉 .
Detto questo vi lascio a una delle scene più belle della storia delle serie televisive. Io mi sono commosso tantissimo vedendola e continuo a commuovermi ogni volta che la rivedo.
Lost, stagione sei, episodio 18, il conclusivo della vicenda. Gli ultimi 10 minuti circa. Buona visione.
«Ciao figliolo.»
«Papà?»
«Ciao Jack.»
«Non capisco. Tu sei morto.»
«Già. Sì, è così.»
«Allora come fai a essere qui adesso?»
«E tu come fai a essere qui?»
«Sono morto anch’io.»
«Tranquillo. Va tutto bene. Va tutto bene, figliolo.»
«Ti voglio bene papà.»
«Ti voglio bene anch’io.»
«Ma tu… tu sei reale?»
«Spero proprio di sì. Sì, sono reale. Tu sei reale. Tutto quello che ti è successo è reale. Tutte quelle persone in chiesa, anche loro sono reali.»
«Sono tutte… sono tutte morte.»
«Tutti muoiono prima o poi, figliolo. Alcuni prima di te, altri molto dopo di te.»
«Ma perché sono tutti qui adesso?»
«Beh, non c’è un adesso… qui.»
«Dove siamo, papà?»
«Questo è il posto che voi avete creato tutti insieme per potervi ritrovare. La parte più importante della tua vita è stata quella che hai trascorso con queste persone. Ecco perché vi trovate tutti qui. Nessuno muore da solo, Jack. Tu avevi bisogno di loro e loro di te.»
«Per che cosa?»
«Per ricordare e farsene una ragione.»
«Kate ha detto che dobbiamo andare via.»
«Non andare via, no. Andare avanti.»
«Andare avanti dove?»
«Scopriamolo, vieni.»
Scena meravigliosa. Potrebbe essere un buono spunto per un racconto. Il nuovo constest di instant-anthology ha per tema il colore bianco, quindi chissà che non ci si possa abbinare qualcosa. Ho apprezzato anche l’idea, che hai esposto nell’articolo, di creare un finale in due versione differenti. Non ho mai trovato una cosa del genere in un romanzo, a differenza dei film. Ma si potrebbe fare. Magari il protagonista che sogna la versione del finale, poi si sveglia e invece la storia vera termina in modo diverso, si potrebbe fare, a patto di non scadere nel banale. Mica male! Grazie per le idee.
Nicola.
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Sì, la scena è molto molto molto commovente per chi ha seguito tutto Lost dalla primissima puntata e non si è perso nulla 🙂 .
Beh sì può fare sì, ma oggi i lettori non vogliono assolutamente che lo scrittore li meravigli, se esce fuori dagli schemi la paga 😀 . E poi il problema del doppio finale sono i personaggi. Se hanno lo spessore giusto e hanno regalato piccole grandi emozioni al lettore allora la cosa può anche essere apprezzata, in caso contrario bruceranno il libro. 🙂
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