
Sinossi: Paul Portfield è un pianista diciottenne che sogna di diventare un grande concertista, accontentandosi, per il momento, di fare da assistente all’affascinante Richard Kennington, musicista all’apice del successo. Quando fra i due sembra nascere un sentimento che va ben oltre la semplice infatuazione, Paul deve fare i conti con se stesso, misurandosi con il suo talento e le sue speranze. Un romanzo intenso e delicato sulla giovinezza, la passione e il desiderio.
La mia idea: Nel libro “Il voltapagine” di David Leavitt, la storia è moto asciutta e scarna, incuriosisce e lascia anche tanto amaro in bocca. Ci si lega subito al personaggio di Paul, ragazzo di 18 anni che viene usato, viene deluso, ma che combatte interiormente, che è triste, che prova a venir fuori e a capire il mondo. Tutto questo non viene detto, viene mostrato attraverso il modo di agire del personaggio, attraverso i suoi dialoghi con gli altri personaggi. Lo stile dell’autore è ben definito, sembra quasi di leggere un classico, un classico scritto decisamente bene, con personaggi coerenti, che rincorrono tutti la felicità o una porzione della stessa, la soddisfazione personale, a volte anche il vuoto interiore.
Sono stato male per Paul in ben precisi momenti della storia, povero ragazzo che si affaccia da ragazzetto a un modo strano e prepotente, che con tutte le sue regole e incoerenze, lo travolge, lo mette al tappeto, ma lui cerca in tutti i modi di non arrendersi, riuscendo a recuperare un rapporto con la madre, donna che si sente tanto turbata da non capire il suo figlio ancora adolescente, ma, al tempo stesso, uomo che sfugge, che non riesce a vedere più per bambino, ma che ancora lo è per certi aspetti e che fa tenerezza. Anche la madre ha bisogno di conforto e di aiuto e anche lei, come Paul, soffre, si circonda di frivolezza, pensa a venir fuori dai suoi problemi e rimane sconvolta quando scopre la verità su suo figlio.
Un libro che si divora pagina dopo pagina e che finisce forse troppo presto.