l’editing… chi era costui?

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(CC) Matt Hampel / Flickr

L’editing è quel processo che prende un testo iniziale e lo trasforma in meglio.

Sembra un concetto semplice, no? Cosa ci sarà mai di tanto difficile nel migliorare un testo?

Be’, in effetti pare proprio facile, ma non lo è. Dipende da come ci si pone nei confronti di una storia e della forma in cui viene presentata, inoltre, esistono diversi livelli di editing. Si può partire da un testo già ben scritto, privo di errori di grammatica, di errori grossolani come il cambio di colore dei capelli di uno dei personaggi, refusi.

I refusi

I refusi sono gli errori non voluti nel trascrivere una parola. Esempio, si scrive:

Mi voltò dall’altra parte e m’addormentò.

Il problema è la tastiera del computer. La lettera “o” e la “ò” sono vicinissime e quindi, in una frazione di secondo, vien fuori una o accentata al posto di una o non accentata. E non perché uno voglia scrivere voltò al posto di volto o addormentò al posto di addormento. L’errore sta nel mezzo di trascrizione del testo. Scrivendo a mano nessuno aggiungerebbe l’accento.

La correzione dei semplici refusi non si chiama editing, ma correzione di bozze e molti editor non la forniscono, risulta un servizio a parte.

L’editing vero è proprio è la riformulazione di un testo in maniera che si scrolli da dosso ripetizioni di parole e di concetti. Per esempio? Se usiamo la parola “dire” otto volte in una pagina, direi che c’è un bel problema. A volte basta anche due volte l’uso della stessa parola a dare fastidio, immaginare otto volte.

L’editing accurato

La ripetizione è insita in noi. L’uso del medesimo termine è la scelta più semplice che fa il cervello mentre si va di fretta per creare la storia. Il problema è che poi bisogna notare questa cosa mentre si fa autoediting. È più complicato, ma si riesce, soprattutto dopo una certa pratica. Più complicato perché su una propria storia l’occhio sfugge. La ripetizione di 2-3 parole identiche in una pagina la prima volta può sfuggire, come anche la seconda volta. Certe volte, dopo aver letto un testo anche 30 volte – mi è successo con un testo ancora inedito – si trovano refusi. Queste brutte bestie non le identifichi mentre stai facendo diverse sessioni di editing complete a distanza quasi nulla.

Che voglio dire? Ho scritto un romanzo, inizio a correggerlo per intero, arrivo alla fine e poi un paio di giorni dopo riparto dalla prima pagina e vado a oltranza sul testo senza prendermi una pausa di almeno due settimane. È molto facile che sfugga. Una mente riposata su un testo su cui si è fatta pausa per almeno 15 giorni riesce a trovare nuovi errori. La lettura ad altra voce aiuta tantissimo, ma non è nemmeno da sottovalutare il fatto di leggere e rileggere lo stesso capitolo 3-4 volte prima di andare avanti, magari finché non si passa sullo stesso senza alterare più nemmeno una virgola. E poi gioca un ruolo importante anche il formato.

Il cambio di formato aiuta

Correggendo un testo al computer con dimensioni di pagina X, margini Y e interlinea singola si riescono a scovare un certo numero di errori, rileggendolo nello stesso formato magari se ne scovano ancora, ma sono molti meno della prima volta. Se si prende il testo, si cambia la dimensione della pagina, dei caratteri, dei margini, dell’interlinea e lo si stampa, in realtà si sta leggendo un testo nuovo. La nostra mente si abitua a un testo perché ricorda: la famosa memoria fotografica. Cambiando la disposizione del testo allora si scovano nuove cose, si rivolge un’attenzione diversa al tutto. Sulla carta si possono fare molte più cose, mettere postit con note, evidenziare paragrafi, parole, sottolineare con colori diversi.

E dopo la correzione sul cartaceo si passa alla correzione su ebook reader. Eh, sì, il formato cambia ancora, quindi la mente lo vede come qualcosa di nuovo, poi su un Kindle puoi inserire note, evidenziare il testo. Diventa a tutti gli effetti un valido strumento per correggere un testo, e vi assicuro che vi permette di rendervi conto di errori che con gli altri formati sfuggivano.

Aggettivi e ripetizioni

Poi sta a noi eliminare gli aggettivi, fare attenzione a non mettere un elenco di aggettivi dove ci sono anche sinonimi. Esempio? Questa frase:

Un vento forte e potente.

Forte e potente sono sinonimi, quindi va usato uno dei due, non entrambi. Inoltre, il secondo a me non pare tanto adatto al vento. Facciamo poi attenzione alla ripetizione dei concetti. Lessi un pessimo libro di una casa editrice, in cui l’editor era di certo in vacanza, in cui un fatto prima lo si spiegava descrivendolo e poi ripresentandolo in una scena e in dialoghi. Assurdo, no? E questo libro orrendo era pieno di queste cose. In un capitolo si descriveva e in quello successivo si voleva mostrare ciò che era già stato descritto nel capitolo precedente. Era fastidioso. Un errore del genere a volte può sfuggire, soprattutto se la descrizione compare in un sol paragrafo, come mi sono accorto correggendo il testo sul Kindle, cosa di cui non mi ero reso conto nelle tre fasi precedenti.

Evitare le similitudini logore è fare editing. Cosa che non è accaduto per un libro che ha vinto il Premio Bancarella in cui similitudini logore erano lo stile dell’autrice:

  • freddo come il Polo Nord;
  • teso come una corda di violino;
  • tra le braccia di Morfeo;
  • cosa bolle in pentola;
  • ecc…

Se una similitudine è abusata, allora il nostro linguaggio non prende il volo, ma si appiattisce. Se la similitudine non è originale, meglio eliminarla e quindi:

  • freddo;
  • teso;
  • si addormentò
  • ecc…

Meno parole e il concetto non viene buttato al macero.

Non aver paura di riscrivere

Fare editing può essere anche prendere un paragrafo o un capitolo intero e riscriverlo tante volte finché non ci convince.

In conclusione

Riassumendo, correggere un libro sembra facile, ma l’attenzione della mente non è sempre vigile, l’occhio sul testo a volte scivola troppo. Certo, si può fare. Basta prendersi lunghe pause tra una sessione completa e l’altra, soprattutto se ci si interroga sull’uso corretto degli aggettivi, dei concetti, sulla storia. Su alcune interferenze che ci trasciniamo dietro dalla lingua parlata.

L’autoediting è coraggio ed esperienza

E fare autoediting è l’unica possibilità quando si fa selfpublishing e non si hanno capacità di marketing molto note, se non si sa in che modo presentare sul web il proprio romanzo. Perché? Semplice. Un romanzo di 200 cartelle ha un costo (minimo, molto minimo) che si agira sui 300-400 euro di editing… Chiarmante di euro potrebbero anche chiederne 1000. Quante copie per recuperare questi soldi? Più di quante se ne possono veramente vendere.

Certo l’editing non è alla portata di tutti, non è nelle corde ci ciascuno di noi. L’esperienza che ha un editor è tanta, quindi quanto meno bisogna farsi affiancare almeno una volta e imparare dallo stesso come ha migliorato un proprio testo. Sempre che si trovi l’editor giusto, cosa che non è scontata per nulla. Soprattutto se si pensa che tante persone si improvvisano di continuo. Si improvvisano editori, figurarsi se non possono dire di essere editor.

In ogni caso, se non si ha esperienza, se è da poco tempo che si scrive (meno di cinque anni e si legge da meno di 15), se non si sa correggere il proprio libro da soli, allora l’editor va cercato e pagato. Il tempo che impiegherà per correggere il testo è benedetto. A volte anche gli editori fanno a meno di questa figura professionale o la pagano poco e spesso si capisce bene, almeno lo capisce un lettore esigente.

Voi scrittori vi autoeditate o pagate un editor? E, nel secondo caso, qual è stata la vostra esperienza?

Voi lettori vi accorgete di quanto editing viene fatto o meno in un testo? Vi accorgete quando l’editore ha risparmiato su questa figura professionale?

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2 pensieri su “l’editing… chi era costui?

  1. Ciao Giovanni, mi piace rispondere alle tue domande perché io ho avuto un’esperienza pessima con la casa editrice che ha pubblicato il mio romanzo. Il mio libro ha vinto un concorso, dunque mai lamentarsi di chi ti ha beneficiato, eppure quel testo era pieno di errori: passino i refusi, ma anche in questo caso il correttore di bozze era evidentemente andato in vacanza. Risultato? Il cartaceo è rimasto con quegli errori che poi io, da me medesima, ho provato ad eliminare in fase di autoediting, quando ho deciso di passare al self-publishing. Non è stato facile per niente e non sono sicura che anche adesso il testo risulti totalmente ripulito. Certo, è molto meglio di prima! Ricordi? In parte hai contribuito anche tu suggerendomi l’uso dei rientri nei paragrafi! Consiglio seguito!
    Improvvisarsi editori e editor? In fondo, è solo un problema di vocale! 😉

    "Mi piace"

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