il #selfpublishing è il male estremo: annientiamolo

(C) ScottS at Morguefile
(C) ScottS at Morguefile
Tutti si lamentano dell’editoria, ma spesso nessuno ne sa a sufficienza. Nessuno è a contatto con editori per poter dire: «Ehi, ma è vero!».

E alla fine il problema che si riscontra non è l’editoria, ma il selfpublishing. Certo, se ci fermiamo a un’analisi superficiale è così che va a finire. È sempre e solo colpa di quella brutta gente che scavalca l’editore e si pubblica da sola e, fino a prova contraria, è proprio così, giusto?

Eppure chi non frequenta gli editori non sa che ci sono: bravi editori, editori che basta che fanno soldi chissenefrega. D’altra parte l’editoria non ha il compito di diffondere cultura e, in ogni caso, la cultura è un po’ un discorso personale. C’è gente che dichiara che la cultura sono i programmi televisivi trash pomeridiani, i reality, le soap opera, quindi ci sta ben poco di cui parlare se non è manco definibile in maniera universale un concetto così di base come la cultura. Soprattutto quando nessuno ha interesse a leggere e si comprano più tablet e smartphone che pezzi di pane o latte.

Dicevo, giusto per completare il discorso di cui sopra, che ci sono poi editori a pagamento, quelli a doppio binario, gli editori disonesti che dichiarano sempre meno copie di quelle realmente vendute e ci sono gli editori che aprono perché “solo loro salveranno il mondo e porteranno cultura” e dopo due anni o chiudono o si trasformano in una tipografia che dà un ISBN, stampa il proprio marchio sulla copertina in basso al centro e offre magari anche servizi editoriali a pagamento, valutazioni incluse (sempre a pagamento).

Ma questo nessuno lo dice. La colpa è di chi osa mandare al diavolo editori onesti e disonesti e si pubblica da solo.

Naturalmente c’è chi è disonesto e pubblica marciume da entrambe le parti, sia come editoria che come autoeditoria, autopubblicazione. Ma è una cosa che non si può solo generalizzale o solo puntualizzare in un verso.

La disonestà è nel mondo. Tanti occupano importanti sedi nel paese e con tanta disonestà, ma nessuno si interessa, cerca il modo di mandarli a lavare, per esempio, dei gabinetti sporchi e puzzolenti. Occupano posti sempre più di rilievo e, alla fine, è sempre colpa di chi prende un file e lo distribuisce per conto proprio, per esempio, su Amazon. Non è colpa delle case editrici a pagamento, di quelle a doppio binario, di quelle che non sanno come si fa l’editoria e di quelle che lo sanno anche troppo bene come funziona e pubblicano non ciò che fa cultura, ma ciò che vende, che quei pochi lettori che ci sono cercano.

Cosa cercano i lettori meriterebbe un romanzo intero e nemmeno si riuscirebbe senza generalizzare troppo perché non esistono due lettori uguali, però, sapete, il problema è sempre di chi è un selfpublisher. È bello generalizzare e più se ne parla male più ci sono frotte di persone lì fuori a dire: “Ma è ovvio, se l’editoria cade a pezzi è colpa dei selfpublisher. Ma chi sono poi? Degli sfigati invidiosi che non sanno nemmeno scrivere, non konoskono la grammatika”.

Quindi mi raccomando. Da oggi in poi non parlare più con chi si autopubblica, non frequentateli più. Sono brutte persone. Si arrabbiano.

Sono impazzito? No, no. Ecco, vorrei chiarire che l’articolo è stato scritto con una gran dose di ironia. Io non credo che il selfpublishing rovini un bel niente, anche perché ci sono frotte di persone che lo disprezzano e non ne leggono, l’editoria ci pensa bene da sola a disintegrarsi, poi, quelli che disprezzano, si ritrovano a leggere libri di selfpublisher pubblicati da grandi editori e nemmeno lo sanno o se ne rendono conto. Anche oggi abbiamo parlato di selfpublishing 😀 . E non vi indico i titoli in questione perché qualcuno potrebbe pensare che sono invidioso e che, soprattutto, parlo sempre delle stesse cose. In realtà sono così in ansia per il mio prossimo romanzo e per il mio futuro che non vi racconto. Potrei vedervi scappare urlando con le mani sopra le orecchie o sui capelli mentre ve li strappate 😉 .

Alla prossima.

Di cosa volete che io parli affinché lasciate un vostro commento? 🙂 Magari faccio un articolo serio con nomi e cognomi di quegli autori selfpublisher che rovinano l’editoria?

26 pensieri su “il #selfpublishing è il male estremo: annientiamolo

  1. Marco Amato

    Giovanni attento sta piovendo! E’ colpa del self publishing.
    Oh ma hai sentito ieri che l’Isis ha fatto un attentato? E’ colpa degli autori selfer (così piace lor chiamarli.)

    So perfettamente quel che dici e intendi. Che dire, quando leggo in giro certi articoli io non commento più e sorrido.
    Ma come si può arrivare a tale soglia di pregiudizio che fa dire: guarda che ci sono gli scarsi e anche se tu non sei scarso, in quanto accomunato dalla stessa etichetta, appartieni all’etichetta degli scarsi.
    Self publishing = Robaccia. Forse si sentono meglio al mattino a dir così.
    Ma la cosa più straordinaria è che la robaccia nel self publishing non è che emerge facilmente, anzi non emerge proprio. Tu che scrivi romanzi di qualità, constati quanto sia difficile arrivare ai lettori. Figuriamoci quando è difficile trovare lettori per gli scarsi. Cioè gli scarsi li devi proprio andare a stanare con pazienza e voglia assetata di conferma al pregiudizio.

    Come se uno andasse a guardare tutte le domeniche il campionato di calcio di terza categoria e dica: Oh ma guarda che il calcio è uno sport di brocchi. Ma vai a vederti le partite di Champions League. Su dai!

    Oltre alla figura di chi ha pregiudizio innato, secondo me è più diverte la categoria dello scrittore pubblicato che deve confrontarsi con lo scrittore in self publishing per sentirsi superiore. Io sono un Eletto. Io sono passato dal filtro editoriale… non sono plebeo come voi.
    Poi chiedi: scusa ma tu con quale editore hai pubblicato? Editore sconosciuto di un fondo scala. Editing 0,01, promozione 0,002 e gioia di sentirsi l’editore alle spalle.
    Ah ecco, e tu saresti quello arrivato? Ci vorrebbe Totò… ma mi faccia il piacere. 😀

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    1. Ti sbagli Marco: c’è una voglia opposta, quella di scoprire l’autore bravo che si mescola a molti che non lo sono. Non per confermare un pregiudizio, semmai per dimostrare che si può vedere oltre.
      Solo che tu, probabilmente, parti dal presupposto che nel selfpublishing la bravura sia una regola, io che sia un’eccezione. Ma non mi batto per dimostrare ciò che per me è una regola, leggo gli esordienti (io, almeno, lo faccio sul serio) per stanare quella che per me è un’eccezione.

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      1. Marco Amato

        Io penso che sia al contrario. Cioè il self publishing sia piano di scarsi e ultra scarsi. Sai come li chiamo io bonariamente? stupidotti.

        Sono quelle persone che non hanno mai letto un libro, o forse uno soltanto, si svegliano al mattino, pensano di scrivere una grande storia, e poi messo il punto senza rileggere inondano gli editori con manoscritti schifezze e impresentabili e di rimando si riversano sul self publishing.
        Ma il punto è: perché crucciarsi per loro. Perché dire che il self publishing fa schifo perché ci sono gli “scimmuniti”.

        Non me ne frega niente che nel self publishing c’è gente scarsa. Detto francamente non so nemmeno dove siano e come vadano cercati.

        Io nel self publishing leggo e seguo gente in gamba. Giovanni di cui ho letto il suo ottimo Jo è tra noi. Carla Rita Giovanna Monticelli dove il suo Thriller il Mentore è ai livelli di nomi blasonati del thriller americano. Infatti Amazon se ne accorta e l’ha portata in America.

        Ho letto Giulia Beyman, scrittrice self che ha venduto più di tutti su Amazon non ricordo se nel 2014 0 2015, superando King e gli altri.
        Leggo Maria Teresa Steri e Marco Freccero. Signori scrittori in self publishing di cui posso citare i loro nomi fieramente.

        Perché denigrare il self come categoria, questi signori scrittori, solo perché ci sono gli idioti senza capo né coda nascosti nell’infinità infinita di pubblicazioni?

        Io ho parecchie competenze nel self publishing e parlo con cognizione. Di recente sto collaborando con una importante agenzia editoriale di Milano che pubblica gli scrittori con i grandi editori e che mi ha commissionato una consulenza di self publishing per una scrittrice. E’ una giornalista, una donna in gamba che ha fatto cose straordinarie nella vita e che scrive benissimo.
        I grandi editori sono difficili da raggiungere, con i piccoli ha rimediato fregature e vuole pubblicare in self. Tanto di cappello. Incrementerà il self publishing di scrittori di qualità.

        Il tuo ragionamento lo comprendo pienamente, io non ho ancora pubblicato, ma comprendo anche il sentimento degli autori self che si sentono feriti.
        Si sbattono e si fanno un mazzo enorme di passione e sacrifici e poi devono sentirsi dire che il mezzo che loro adottano non è credibile e affidabile. E non per quel che scrivono loro, ma per quello che scrivono misconosciuti idioti che si autopubblicano e non hanno niente a che vedere con la parola scrittore.
        Mi spiace ma a me questo non piace.

        Non ho commentato da te, perché oramai voglio tenermi alla larga dalle polemiche sul self publishing. Ciò non toglie che non ti segua lo stesso e ti stimi come persona. Questo è fuori discussione. Sei in gamba lo so. Solo che sul self non andiamo d’accordo. 😉

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    2. Grazie, Marco, lo so che la pensiamo diversamente sul selfpublishing, altre volte ci siamo confrontati, ma non tantissimo diversamente. Anch’io ho letto Marco Freccero e M.Teresa Ssteri e anche il padrone di casa (primo e secondo romanzo… e leggerò anche il suo terzo, se è per questo) e… mi allargo più che posso… sto aspettando di leggere anche il tuo; ciò a dimostrazione che io non “ripudio” il selfpublishing, altrimenti non leggerei gli autori esordienti (questo sarebbe il pregiudizio). Tuttavia mi sono imbattuta in brutte scritture e mi dico che non mi sarebbe capitato se non fosse esistita la formula self che consente a chiunque di pubblicare qualunque cosa. Tutto qui: mi sfogo come lettrice che rimane delusa e lo faccio in un contesto dove, tra l’altro, siamo tutti sulla stessa barca. Diventa quasi un monito pure per me: non sia mai che un giorno io decida di scrivere qualcosa di poco convincente da mettere in circolazione per il lettore incauto.

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      1. Potrei fare un elenco di autori con case editrici alle spalle che quegli editori non avrebbero mai dovuto pubblicare. Non lo faccio per tutta una serie di motivi. Dovrei fare nomi e cognomi e visto che sono un autore evito. Mi si potrebbe ritorcere contro. E dove ho potuto ho restituito al mittente il libro. Con chi me la devo prendere? Con tutta l’editoria? Magari sì. Non dico che i selfpublisher sono tutti bravi, ma sono convinto che pensando sempre male di una cosa non fai altro che alimentare lo stesso dubbio in chi non legge tutto… Non è un dettaglio dire che anche l’editore che valuta spesso pubblica immondizia. Ma pare lo diventi. Non so.

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      2. Non è un dettaglio, Giovanni, chi lo dice?
        Ma non è il punto di partenza della mia riflessione.
        A me non importa affermare che le Case Editrici pubblicano immondizia, io voglio testimoniare che nel selfpublishing se ne trova tanta.

        Io alimento il dubbio su chi non legge tutto parlando male del selfpublishing
        Tu lo insinui parlando male dell’Editoria.
        Ma qual è la differenza fra la mia opinione e la tua?

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      3. Marco Amato

        Io però Marina non afferrò il punto.
        Qual è il problema nel dire che nel self publishing c’è immondizia e nel dirlo si dice che il mezzo così non funziona.
        Perché chi pubblica in self deve essere demonizzato per colpa degli altri?
        Ti faccio una analogia calzante.

        Io seduta stante potrei dire che il blogging fa schifo. Tutto.
        I blogger non sono giornalisti. La quasi totalità non ha titoli di studio. Si è sommersi da blog spazzatura il cui unico intento è guadagnare con i click della pubblicità.
        La maggior parte dei blogger è ignorante e sgrammaticata. Esistono miriadi di blog dove si scrive circa così: all cm stai, ie dov sei sta xché dvo vderti.
        Esistono miriadi di blog di stupidi complottisti, che scrivono notizie false e inconcludenti.

        Se dovessi tirare la stessa tesi che tu tiri sul self publishing dovrei dire che i blogger non hanno credibilità e affidabilità.

        E tu come Marina blogger? Tu ti salvi, ma sei nel mezzo del sistema, ti avvali di un mezzo scadente come il blog.
        Certo per me è interessante andare a pescare blogger validi… ma il numero è così basso che comunque inficia ogni possibilità di riscatto.

        E poi metti che questa cosa che i blogger fanno schifo (con le piattaforme gratuite possono pubblicare cani e porci) la ripetono tutti come un mantra.
        Ovunque ti giri viene ripetuta. Mattina, pomeriggio, sera, notte, anni.

        Capita che tu da blogger ti scocci di sentirti denigrare per partito preso e dici: Se vuoi fare un’analisi critica, non paragonarmi alla immondizia dei blogger, ma giudica me blogger a prescindere dai complottisti invasati sgrammaticati.

        Non è il mezzo a rendermi quel che sono. Valutami per come scrivo e per quel che dico. Io sono io, non appartengo alla categoria dei reietti.

        Ecco, se trasliamo il ragionamento dal self publishing al blogging calza a pennello.
        Ma a che pro?

        Se nel self publishing ci sguazzano spauracchi di idioti, non è colpa del self publishing, è colpa che il mondo è pieno di idioti.

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      4. Facciamo un passo indietro. Io dico che non è credibile né affidabile l’esordiente che usa il selfpublishing per pubblicare un suo scritto che, invece, non sarebbe degno di essere pubblicato e questo perché il lettore che gli sta dando fiducia, leggendolo, non tornerà più a farlo una seconda volta. Si è bruciato. Ho detto questo e l’ho messo in guardia.
        Cos’è che non torna del mio discorso? Io non ho detto: attenzione, il selfpublishing è una fregatura, ho detto attenzione, esordiente, che nessuno crederà in te se pubblicherai prodotti che non sono frutto di quella cura e quello scrupolo che sono necessari se vuoi fare lo scittore. Poi, purtroppo, è una realtà che il selfpublishing renda possibile ciò.
        Ora, nel tuo discorso vale lo stesso: chiunque può avere un blog, non tutti i blog sono uguali (per fortuna), se io mi imbatto in quello sbagliato mi lamento e lo dico: attenzione, blogger, dici cose sciocche, inutili e le dici pure male; stai correndo il rischio di non essere seguito da nessuno e di chiudere battenti.
        Purtroppo, anche qui, è una realtà che la libertà di espressione sia un diritto inviolabile che dà a chiunque la possibilità di dire qualunque cosa.

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      5. Marco Amato

        Allora credo d’aver compreso il punto del discorso e l’incomprensione che ne deriva.
        Tu dici: io non me la prendo col self publishing, ma solo con gli autori esordienti che utilizzano il mezzo in maniera imbarazzante. Li metto in guardia che i lettori non daranno mai più fiducia loro.

        Ecco, il punto del tuo dire è questo. Ma, e qui pongo una domanda, sei sicura d’essere riuscita nel tuo intento? A parlare e a mettere in guardia gli scarsoni del self publishing?
        Io credo di no. E non è per essere permalosi. 😉

        Sai come molti scrittori in self publishing hanno interpretato il tuo pezzo? Come un attacco al sistema self publishing. L’ennesimo. Perché?

        Tu avevi un’intenzione chiara, nobile, ma la percezione che ne hanno avuta gli operatori del self è un’altra.
        Non so l’interpretazione di Giovanni, ma anche lui con questo pezzo, non ha ben compreso il tuo intento. Io non l’ho compreso. Ho fatto leggere il tuo articolo ad altri autori self… e ti assicuro che nemmeno loro hanno intenso il tuo senso. Siamo in parecchi e tra i più evoluti del self a non averlo inteso.
        Mentre pare dai commenti che hai ricevuto, che il senso del tuo articolo sia stato inteso da tutti coloro che nutrono una spiccata o meno avversione al self publishing.

        Viene il dubbio, forse non sei stata intensa nelle tue intenzioni per il modo in cui l’hai espresso? Non hai toccato le corde giuste degli operatori.
        E se vuoi ti spiego il perché.

        La mancata interpretazione del tuo pezzo comincia già dal titolo. Il titolo è sempre una chiave interpretativa.
        Dici: Credibilità e Affidabilità: due requisiti che spesso il self-publishing ignora.

        Nel titolo richiami l’intero sistema. E’ il sistema self publishing che ignora due requisiti: Credibilità e Affidabilità. E lo “spesso” edulcora la pillola amara.

        Comprendi? Tu ti riferisci al sistema. Per questo noi difendiamo il self publishing. I bravi che operano nel sistema si sentono delegittimati nel loro operare. L’ennesima volta delegittimati.

        Se tu volevi far passare il tuo ragionamento, secondo me un titolo che lo metteva a fuoco sarebbe stato:
        “Molti esordienti del self publishing ancora ignorano credibilità e affidabilità, due requisiti fondamentali per la pubblicazione.”

        Io non sarei stato toccato da un titolo simile. E penso nemmeno gli altri. Ti stai riferendo a un insieme di operatori del self publishing che detestiamo pure noi che predichiamo un self publishing fatto bene, professionale, superiore agli standard dell’editoria.

        Io qui non voglio fare nessuna lezione, ci mancherebbe. Tu sei un’ottima blogger e hai il pieno diritto d’esprimere il tuo pensiero come meglio ritieni. Così come chi non è d’accordo ha il suo pieno diritto di dissentire.

        Ti sto semplicemente spiegando perché gli operatori del self non hanno preso bene il tuo pezzo. Ti sei rivolta alla loro categoria in blocco. E poi all’interno hai fatto delle distinzioni. Da qui i mugugni.

        Certo, potrai dire, permalosi, tutta questa sottigliezza nell’uso delle parole e dei distinguo.
        Ma vedi che c’è, proprio noi che siamo scrittori sappiamo come l’uso delle parole e dei distinguo sia la vera e unica possibilità della comunicazione.

        Io spero che tu non interpreti il mio ragionare come polemica. Sto semplicemente argomentando in piena serenità le nostre posizioni, le mie di posizioni.

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      6. Il problema è la parola “selfpublisher” che condanna la categoria o molta parte di essa a un comportamento in cui dovrebbe ricadere anche l’operato di piccole case editrici. E non diamo alibi: sono piccole e non hanno soldi per pagare editor e correttori di bozze. Ho dovuto rimuovere una recensione da Amazon perché ho evidenziato come l’editing di un autore con editore fosse privo di un editing curato nonostante avesse un editore alle spalle. L’autore mi ha scritto in privato un po’ disturbato dalla mia recensione. Un’altra casa editrice ha pubblicato una persona molto cara a me e c’erano circa 200 errori vari nel testo. Uno anche in prima pagina bello evidente. E non parliamo di selfpublishing, poi qualche altro autore vario non di selfpublishing… E il problema resta solo quello dell’esordiente selfpublisher perché non dire che sono anche gli editori e gli autori degli editori che fanno certi errori? Comunque senza polemica. Marina puoi scrivere ciò che vuoi e usare il titolo che più preferisco io smetto di leggere articoli sui selfpublisher perché un po’ mi fanno male, anche se tu sottolinei che non tutti sono così. 🙂

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      7. Beh, fermarsi al titolo è sempre un errore. Come giudicare da un’apparnza, cosa che io, per esempio, non so fare. Il messaggio, secondo me, era chiaro nel testo; però può anche darsi che anche lì non mi sia spiegata bene. Ho, tuttavia, la presunzione di dire che quando si usa la parola self-publishing i suoi sostenitori si sentano sempre sotto attacco, anche quando vengono sfiorati dal discorso. Ma tu, accidenti, Marco, te la prendi troppo, nemmeno stessi parlando di te! 🙂
        Accetto, comunque, la tua critica sul titolo fuorviante: quando e se mi ricapiterà di volere esprimere un’opinione a riguardo, proverò a fare come suggerisci, non un titolo con poche parole indicative, ma un intero paragrafo chiaro e inequivoco.:P

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      8. Marco Amato

        Sì Marina, stemperiamo, scusami se sembro duro. Provo solo ad argomentare.
        Sì chi pubblica in self publishing è sempre sotto attacco.
        Non da te per il tuo pezzo, sia chiaro.

        Chi pubblica in self publishing è sotto attacco dagli editori che ne vedono una minaccia.
        Sotto attacco dai critici, da parecchi editor, dalla stampa.
        Rifiutano questa novità. Vorrebbe che il mondo non di evolvesse.
        Gli scrittori selfer vengono sempre sminuiti e presi per ignoranti.
        Chi pubblica in self publishing viene spesso deriso e sbeffeggiato. Gli si dà del fallito. Non sei stato accettato dagli editori e per ripiego ti pubblichi da solo.
        Ci sono tanti pregiudizi in circolazione.

        Quindi sì, il self publishing è perennemente sotto attacco, da più fronti.
        E’ una guerra di delegittimazione contro la legittimazione d’essere scrittore indipendente.

        Io ho molti argomenti per fronteggiare questi attacchi. Ne ho molti di più di quanti ne possa dire perché altrimenti rischierei di essere visionario o invasato.

        Tu dici: “Accidenti Marco perché te la prendi tanto nemmeno stessi parlando di te”.
        E’ vero.

        Non riguarda me. Figurati che per il mio primo romanzo da autore indipendente, in self publishing, non pubblicherò fino a quando non raggiungerò un grado di qualità elevata.

        Ma il mio punto sai qual è? Io non combatto per me. Se qualcuno attaccasse me avrei argomentazioni per rispedire al mittente. Io combatto per i più deboli. Per chi resta ferito. Per chi si vede sminuito e dileggiato.

        Ripeto non da te, che in qualche modo porti un’argomentazione valida.
        Quindi pace fatta e presto vengo a commentare da te… ma non sul self publishing 😛

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  2. l’unica cosa che manca ai self-publisher è la distribuzione: bisognerebbe inventare (ammesso che non ci siano) distributori (o, meglio, self-distributors) che spargano in giro, nelle librerie italiane indipendenti, le opere dei “selfers”, magari accompagnate da robusti giudizi critici. 😉

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    1. Non sarebbe il caso. Il selfpublisher arriva in digitale. I primi sono stati pionieri. Siccome non si può generalizzare non sarebbe pensabile trovare un negozio con tanti cartacei che resterebbero invenduti. Dovrebbero essere i librai a dare un occhio a libri di qualità e contattare il selfpublisher in questione, ma non succederà mai. Il selfpublisher in gamba ha il vantaggio che fa un eBook buono. Molti piccoli editori non fanno eBook e tanti altri li fanno malissimo. Poi in mezzo ci sono un mare di quelli che si arrangiano. 🙂

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  3. Se l’editoria è in crisi, e credo che lo sia da quando è apparsa, il problema è nel manico (gli editori), non certo in chi fa a meno del manico. Certo, io sono brutto, sporco e cattivo, e pure tu lo sei perché invece di piantarla, continui a scrivere; esattamente come faccio io. Resta da spiegare come riescano, persone che non ricorrono all’editoria tradizionale, a danneggiarla. Se la Ferrari fa auto e io faccio la Vespa… Io danneggio la Ferrari? Sono ridicoli.
    Magari ci farò un post 🙂

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  4. Ciao, mi chiamo Marina e ho scritto un post giusto sull’argomento! 😛

    Ma non mi odiate, please, che lo sapete bene cosa voglio dire e se non lo avete capito, vuol dire che non mi sono saputa spiegare!
    Dico solo una cosa: non mi stanco di leggere chi si autopubblica perché non mi stanco di cercare l’autore bravo (e ne ho trovati), però quando becco l’opera scadente, avrò pure il diritto di manifestare la mia delusione? Non è un pregiudizio, il mio, perché sono esperienze comprovate.
    Quanti, invece, difendono il selfpublishing per partito preso e magari non amano gli autori esordienti?
    Anche quello è un pregiudizio. Al contrario.

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    1. Il problema è chi ti commenta e non ha mai letto selfpublisher o lo ha fatto mezza volta sbagliando libro. Anche io ho letto un selfpublisher che veramente c’era da prendersi a schiaffi da soli per aver preso un libro del genere convinto che poteva essere un bel libro. Chi non crede che ci siano bravi autori e che i bravi siano solo gli autori di grandi o piccoli editori ha tutto il materiale per buttare benzina sulle scintille e non è bello leggere valanghe o quasi di commenti negativi da chi non ha mai nemmeno mandato manoscritto a editori o conosciuto editori disonesti di persona e che non ha mai pubblicato nulla per poi spingere l’assunto: selfpublisher = schifezza; autore di casa editrice = molto buono e difficilmente no buono. Senza nemmeno menzionare mai tante e tante cose sempre generalizzando o spingendo in negativo per quell’unica esperienza negativa e magari negativa per stile, non credo che ci compra un selfpublisher non avendone mai letto lo faccia senza capire cosa sta comprando e se lo fa ha la stessa probabilità di trovare autori con editori che hanno scelto. Poi sono punti di vista, nessuno ha la verità in tasca e nemmeno è importante averla. Non so se ho reso il concetto. Spero di sì.

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      1. Sì, lo hai reso, ma allora non mi sento il carbone bagnato: io non do mai giudizi fondati su chiacchiere o chissà cosa, parlo sempre per esperienza diretta e personale. Io gli esordienti li leggo e continuerò a farlo; in più, ogni volta che mi è capitato di parlarne ho sempre messo davanti il mio dato di fatto analizzato e interpretato secondo i parametri di scrittura nei quali credo io. Non devo rendere conto di quelli: ognuno ha piacere di trovare nella lettura determinate cose; se io non le trovo, mi permetto di criticare. Tutto qui! Nessuna polemica, nessun attacco, solo legittima reazione! 😉

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