la colpa è di chi si raccomanda o di chi accetta che tu lo faccia?

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Chi scrive sa bene che prima o poi gli verrà la pessima idea di sottoporsi al giudizio di una casa editrice. Perché pessima idea? Perché se non hai conoscenze presso un medio-grande editore e vuoi diventare un best seller non riuscirai nell’impresa.

È ovvio che ci sono anche i casi rari in cui non c’è bisogno di conoscere, o quei casi che esulano dalle case editrici (autopubblicazione), eccetera, ma oggi ci concentriamo su qualcos’altro. In questo articolo voglio parlare di colpe editoriali.

Cioè?

Supponiamo che io legga sul sito di una casa editrice che loro impiegano 12 mesi di tempo per rispondere e rispondono solo alle persone a cui sono interessate.

È un tempo lunghissimo ed è un tempo quasi sospetto. Può essere che per leggere un paragrafo servano 12 mesi? Di solito non arrivano nemmeno a leggerlo il paragrafo. Allora perché dire 12 mesi? Semplice. 12 mesi sono così tanti che te lo dimentichi persino.

Poi però leggi da qualche parte che un collaboratore di questa casa editrice presenta un manoscritto all’editore e questi gli dà l’ok alla pubblicazione del giro di 24-48 ore.

Ora ti chiedo, da scrittore qualche che sei: ti incazzi o no?

Quando io credevo nelle case editrici notizie del genere mi facevano incazzare eccome. Oggi non me ne può fregare di meno, altrimenti mi dovrei incazzare di più e chiedermi come un certo ministro è arrivato a fare il ministro e quale contributo alla nazione sta dando (meno di zero, anzi sta facendo persino danni), perché si parla solo di quelli che vendono di più in tutto il mondo, si mettono nelle offerte autori che pare vendano tanto. Ma se già vendono tanto qual è il senso? E quelli che non vendono e che magari sono più bravi di chi vende di più dove stanno? A me interessa che parlino di chiunque e molto meno di chi già vende, ma se non si parla di chi vende non si alimenta la catena del parlare di chi si vende e farlo vendere di più, giusto?

E veniamo alla domandona, così se hai da preparare il pranzo per gli ospiti ti ho rubato davvero cinque minuti.

Chi è il colpevole in questi casi?

il collaboratore che si raccomanda all’editore

oppure

l’editore che non dice: “devi metterti in fila come tutti quelli che spediscono manoscritti”?

Per quanto mi riguarda hanno colpa entrambi. Pendente molto di più da parte dell’editore. Diciamo al 20% l’autore-collaboratore e all’80% l’editore. Se fossimo in un mondo ideale casi del genere non esisterebbero e a nessuno verrebbe in mente di saltare la fila, ma sappiamo bene come funziona a tutti i livelli, perché l’editoria dovrebbe scansare questo meccanismo ben noto?

Mi pare ovvio che in alcuni casi l’editore per tenersi caro il collaboratore (magari fa un gran lavoro davvero) arriva anche a pubblicargli il “testo” (ehm, ce ne vuole di coraggio in certi casi a chiamare testo, o romanzo alcune cose) e questo non fa rumore perché è robetta, ma visto che c’è tanta robetta in giro, non sfigurerà e l’editore non si perderà il collaboratore.

Ci sono casi e casi, ci sono tanti casi e poi magari ci sta pure il caso dell’autore che sa scrivere, sa incuriosire e sa tenere il ritmo nella narrazione e ha tutte le carte in regola per sfondare in maniera onesta, senza dover essere spinto per piacere. E se non fosse stato spinto non avremo conosciuto un bravo autore?

Torniamo alla domanda, mi interessa davvero la tua opinione.

A chi dai la colpa?

Al raccomandato che si propone di saltare la fila o a chi, senza pensare un secondo, gli fa saltare la fila?

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7 pensieri su “la colpa è di chi si raccomanda o di chi accetta che tu lo faccia?

  1. Marco Amato

    E’ ovvio, nessuno dei due.
    Per molti ancora non è chiaro cosa sia un editore.
    L’editore è un ente pubblico? Una fondazione culturale? Niente di tutto questo.
    L’editore è un imprenditore. Punto. Non ci sono altre definizioni.
    L’editore è un imprenditore che fa business con i libri, pubblicando libri.
    Quale diritto può vantare uno scrittore X se il suo manoscritto viene letto dopo di altri o non viene letto affatto?
    L’editore a casa sua, comanda lui e fa ciò che vuole.
    L’editore ha il sacrosanto diritto di scegliere secondo i suoi criteri la materia prima del suo business.
    L’editore ha i suoi costi belli pesanti. Se non è in grado di scegliere i libri o se sbaglia a sceglierli e non vende, l’editore chiude.
    Rizzoli, un gruppo indebitato è stato comprato da Mondadori, un altro gruppo editoriale indebitato.
    Gli scrittori hanno gli occhi che fumano di sogni. Ma la realtà è un’altra.

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      1. Marco Amato

        Ma perché dovrebbe essere una raccomandazione?
        Per l’editore è lavoro.
        Dal mucchio di manoscritti che gli arriva, non è nel suo diritto scegliere quelli che ritiene più adatti al suo lavoro?
        Ogni libro da pubblicare è una scommessa. Se un collaboratore propone un libro, e l’imprenditore si fida del giudizio del collaboratore, perché deve aspettare la coda di manoscritti per lo più inutili.

        Metti il tuo lavoro. Se nei servizi che tu offri avessi una coda di clienti che non vogliono pagare, o che richiedono servizi complessi e dispendiosi, e poi ti arriva un cliente con un lavoro facile e ben pagato, tu rifiuti il nuovo cliente perché dici, no, ho la coda di quelli che mi faranno perdere tempo?
        Tu devi pagarti le bollette, e l’editore pure.
        Scegliete i vostri clienti a seconda delle vostre esigenze imprenditoriali. Mi pare che sia giusto così.

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      2. Si torna sempre al discorso della qualità. Ci sono editori che non accettano manoscritti e che vanno facendo scouting in altri modi: conoscenti di editori minori, classifiche Amazon, giornalisti. La storia dei collaboratori che saltano la coda è giusta? I credo di no, ma a me non frega più di tanto, alla fine a me non cambia nulla, tanto non mi serve un editore, ma è abbastanza dubbio che il collaboratore sia migliore dell’autore X. Si parla giusto per parlare. Gli editori si sono data la zappa sui piedi tipo venti anni fa e da allora si è ben visto come si procede.

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