
Divido questa “recensione” in due parti (e una terza di cui sarà una semplice riflessione sull’editoria nell’anno 2018 e sul romanzo “La verità sul caso Harry Quebert”) perché troppo lunga.
Gli articoli già sono programmati, quindi tra qualche giorno saranno tutti accessibili: parte uno, parte due e riflessione sull’editoria di “La verità sul caso Harry Quebert”.
Parte uno
Ritrovandomi a leggere “La verità sul caso Harry Quebert”, romanzo di Joël Dicker ho capito subito che non c’era nulla di “giallo” in questo testo, per quanto si accenni alla misteriosa scomparsa e morte di Nola Kellergan. Mi sembra più un racconto incentrato sulla commedia surreale pseudo teatrale. Dove si parla di super scrittori: sia l’accusato, Harry Quebert, che l’amico dell’accusato, Marcus Goldman. Dove si osanna fine alla nausea di come sia essere figo essere GRANDI SCRITTORI, di come lo scrittore sia meglio degli altri esseri umani, di come basti scrivere un libro – attenzione, scrivere un libro, non narrare una storia, una buona storia, ma scrivere un libro – affinché un perfetto sconosciuto poi va da un grandissimo editore il quale gli pubblica il libro e subito diventa un bestseller mondiale e tutti parlano di lui a ogni angolo, anche in paesini sconosciuti. Di LUI, del GRANDE SCRITTORE che è. E poi il grandissimo editore gli offre milioni di dollari per pubblicare un secondo libro che nemmeno esiste ancora. Favole, insomma, l’autore credo si sia un po’ intromesso troppo nella storia. Non si porta avanti un giallo, ammesso che lo sia davvero, a colpi di dialoghi surreali su tutto, riportanti in forma teatrale, a mo’ di sceneggiatura. A volte diventa una lunga intensa sequenza di battute senza badare a null’altro, ma soprattutto con lo scopo disseminare nella storia concetti, veicolare idee, non lasciando passare un capitolo senza evitare di usare il termine “grande scrittore”. A volte ho usato anche io quel termine, ma dopo aver letto questo libro penso che lo cancellerò dal mio dizionario, magari dirò: un buon autore, un autore pessimo, o mediocre, ma GRANDE SCRITTORE mai più.
Idee e concetti disseminati? Uno dei tanti è che non ci si pubblica da soli, solo chi non è un GRANDE SCRITTORE lo fa. Certo, nel 1975 nessuno ci pensava, ma si può sempre ricordare che gli scrittori del passato lo facevano. E comunque il peggio della scrittura, che si fatica anche a chiamarla scrittura, arriva da chi è pubblicato da un editore ed è un bestseller, tipo, non so, magari mi sbaglio, questo libro?, con la pace di pochi bravi e bestseller.
Si passa l’idea che per scrivere ci si debba isolare dal mondo in una casa pagata bei soldi per mesi a fare solo quello perché tanto il testo lo vorranno tutti e diventerà un bestseller di cui si potrà vivere. Stephen King, che è un Signor Scrittore, ha scritto storie con personaggi scrittori molto interessanti. Non ha mai messo su un teatrino così rivoltante intorno alla figura dello scrittore. King bada al sodo, questo Joël Dicker sembra appunto voler parlare di tutt’altro.
Un scrittore che racconta con umiltà i fatti, senza autoelogiarsi, si rende conto che per un lettore un autore o un altro non fa tanta differenza. I lettori oggi ci sono e domani no. Farsi tante pippe mentali – dentro un libro, tra l’altro – per scrivere un libro come se fosse il libro dei libri dei libri non è normale, soprattutto perché per l’appunto non si tratta del libro dei libri – che non esiste se vogliamo dircela tutta –, e si tratterebbe di un giallo, ma qui si parla di super scrittori. Si potrebbe obiettare che questo romanzo è un lavoro di finzione e quindi il fatto che tutti i personaggi del libro osannino o disprezzino, uno o due personaggi, la figura del GRANDE SCRITTORE fa parte della trama, della finzione, dei personaggi scelti. Non so, ma il concetto passa in ogni capitolo, in ogni dialogo, quindi ho idea che forse l’autore esprima una sua idea personale e che magari voleva scrivere un saggio: “Super scrittori: io sono un GRANDE SCRITTORE e ti dico perché”. Che ha scritto e veicolato dentro un romanzo giallo.
A) romanzo assai sopravvalutato
B) ho capito assai presto chi era l’assassino
C) meno male che non l’avevo comprato ma mi era stato prestato: avrei sprecato i soldi, così ho solo in parte sprecato il tempo, perché tutto sommato sono felice di poter dire la mia a riguardo
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A) davvero lo si può chiamare romanzo? Ho letto cose sopravvalutare ma questo è lontano da qualsiasi forma.
B) il dubbio me lo sono lasciato volentieri
C) ho avuto l’ennesima conferma di cosa voglia dire pubblicare con un editore e quali garanzie da in più del fai da te
D) ti divertirai a leggere gli altri due articoli, soprattutto il terzo che esce lunedì 😉
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Sento continuamente parlare di questo libro e dopo questa tua (mezza) recensione non arrivata alla conclusione che non lo leggerò mai. Grazie, mi hai tolto un pensiero. 😀
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Prego, ma ti devi leggere anche l’altra metà della recensione che esce venerdì e l’articolo di riflessione di lunedì 🙂 ti perderesti il meglio 😉 anche se poi non commenti
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