produzioni televisive e cinematografiche e il BAFTA

Image available on Pixabay with a CC0 License. Thanks to David Condrey.

Qualche giorno fa scrissi nei miei profili social che ero al BAFTA in cerca di produttori per trarre una serie televisiva dalla mia serie di romanzi “Le parole confondono”.

Piccola notizia di servizio. Il volume quattro si spera possa vedere la luce sugli store entro 2-3 settimane massimo, quindi, idealmente, prima settimana di ottobre. In teoria è tutto pronto ma, sapete, ho sempre un po’ paura di aver trascurato qualcosa, così lo riguardo ancora. Ho pure iniziato il primo capitolo del quinto volume.

Chiaramente non si cercano produttori al BAFTA. Volevo solo fare sapere in modo indiretto che ero a Londra e che mi trovavo lì nel periodo in cui c’è la conferenza di due giorni dei BAFTA Guru. Per chi non lo sa, il BAFTA è l’acronimo di British Academy of Film and Television Arts. È una organizzazione britannica che premia produzioni cinematografiche, televisive e interattive. Su Netflix esiste una sezione di film e serie TV vincitrici di questo premio.

C’era questa conferenza in cui si spiegavano delle cose su come funziona il mondo delle produzioni indipendenti e, in particolare, cinema/serie TV/videogiochi in genere, sotto ogni aspetto. Si prenotava on-line oppure si andava presso Piccadilly e si vedeva quali eventi erano liberi. Uno per 6 £, due per 10 £. Chiaramente quelli interessantissimi erano tutti “sold out”, tutti “esauriti”, tipo quello con Luca Guadagnino che ha diretto la trasposizione cinematografica del romanzo “Call me by your name” di André Aciman, film candidato a diversi premi. James Ivory ne ha vinto l’Oscar come miglior sceneggiatura non originale. Un film fatto bene, con bravi attori, delicato e angosciante quanto lo è l’adolescenza, con un tema difficile.

Al BAFTA ho capito che produrre un film, o una serie televisiva, è roba tostissima, non che non lo immaginassi. Se autoprodurre un romanzo è tosta, in confronto al cinema e alla televisione è una bazzecola. Le prime cose da vagliare per trovare un produttore (o anche autofinanziarsi) è avere una buona storia e un buon regista, quindi “the script and the director”, ovvero, per l’appunto, copione e regia. Se ci sono questi due elementi, abbiamo una certa possibilità.

Le agenzie che si occupano di proporre gli attori per un’opera desiderano vagliare questi due elementi. Alcuni rifiutano storie sull’adolescenza, per esempio, altri no, ma in ogni caso vogliono sapere il regista chi è e di cosa si è occupato in passato, e desiderano sapere queste cose anche dell’autore del copione. Ovviamente copione in lingua inglese. E copione che piace.

Io non ho un copione, perché il copione non è il romanzo, ma la serie di battute che i personaggi pronunciano, ma non è solo quello. Ci sono delle precise regole per scrivere un copione e, in primis, l’essenzialità, soprattutto se si tratta di un film, per la serie il discorso cambia, ma sempre serve il copione.

In ogni caso resta un grandissimo problema se tutto anche fosse perfetto. Una autoproduzione per me sarebbe impossibile. La produttrice di “The Levelling”, un film britannico drammatico e molto breve del 2016, e di cui non avevo mai sentito parlare, presentato al Toronto International Film Festival del 2016 ci spiegava di come si prepara una scheda in cui devono comparire tutti i costi previsti: il famoso budget. Quella scheda mutava di giorno in giorno perché escono fuori cose ogni giorno.

Anche la ricerca dell’ambientazione giusta ha i suoi costi, soprattutto se è particolare. Devi fare in modo da coprire poi le spese di spostamento di tutta la troupe, degli attori, devi provvederne all’alloggio e al cibo e la spesa sale tantissimo, e nemmeno è sottovalutabile in alcune produzioni, come lo era “The Levelling”. Ovvio che poi dipende dove vengono girate le scene. Se “sotto casa” di troupe e attori, allora la voce pesa di meno ma, in ogni caso, servono navi e navi di soldi.

Il produttore, poi, deve lasciare tutte le decisioni al regista, incluso il cast con cui lavorerà, perché ovviamente è lui che si occuperà di dirigere, e deve concordare con l’agenzia che propone i volti per i personaggi valutandone la bravura.

Realizzare la serie televisiva de “Le parole confondono” sarebbe una cosa molto difficile… impossibile. Anche perché la vorrei con attori e attrici inglesi/americani/spagnoli ma non italiani. Non nutro particolarmente simpatia per le serie televisive italiane e il modo in cui vengono recitate o le sceneggiature stesse. Vorrei bravissimi registi e attori, direttori della musica. Anche esordienti, ma di talento. Questo implica dei costi che sarebbero multimilionari, a parte che dovrei tradurre e/o far tradurre le opere.

Giusto per dirne una, per esempio, per il nonno di Andrea Marini o Samuel avrei preso Enrico Maria Salerno, ma non c’è più, allore sceglierei, non so, Sean Connery. Per i ruoli di Andrea, Francesco, Diego e Gianluca vaglierei tra Logan Lerman, Dylan Minnette, Keir Gilchrist, Asa Butterfield, Nick Robinson. Giulia la farei interpretare a Katherine Langford. Ma ovviamente non sono un’agenzia che si occupa di reclutare attori per ruoli televisivi quindi magari esistono attori più adatti per questi personaggi.

Diciamo che ogni tanto me ne vado di testa, giusto per sognare in grande. Tanto non è che poi non capisco la differenza tra il sogno e la realtà.

E questo è quanto.

Pubblicità

2 pensieri su “produzioni televisive e cinematografiche e il BAFTA

  1. Non ho ancora capito la differenza tra BAFTA e BAFTA Scotland per esempio (perché Outlander ne ha vinti nel 2016, con la primissima serie). Tutti i discorsi che fai, li conosco da mò… dato che Outlander è uno storico, immaginati in aggiunta i costi per i costumi (tutti fatti per l’occasione), i set interni ricostruiti (girano in Scozia), i set esterni che sono la Scozia per i paesaggi (anche adesso che la storia si sposta nel nuovo mondo), Cape Town in South Africa per i viaggi in mare (c’è il set permanente della Starz con i finti galeoni in piscina e i green screen per gli effetti, lo stesso set dove hanno girato Black Sails), e sono stati a Praga per simulare la Parigi di fine ‘700, senza la torre Eiffel e senza inquadrare troppo il finto palazzo di Versailles. Ma immaginati spostare tutto ogni volta!
    Per la scelta degli attori ci hanno messo un anno. Per non dire che l’autrice ci ha messo 20 anni a portare sullo schermo la sua storia, nonostante sia un bestseller conosciuto (più in America che qui da noi, purtroppo in Italia è incappata in un editore poco attento).

    Piace a 1 persona

    1. Sense8 di Netflix è stata la serie più costosa al mondo e infatti con la seconda stagione hanno tolto mano perché girata in 8 location lontanissime: Islanda, Londra, India, Germania, ecc… Non oso immaginare come siano riusciti a montare le scene. Invii segreti con corrieri fidatissimi del materiale. Anche la serie Terra Nova che era bellissima, e prodotta da Steven Spielberg. Hanno dovuto cancellarla dopo una sola stagione di 11 episodi perché i dinosauri erano perfetti. Effetti speciali super costosi.

      "Mi piace"

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.