
Gli esperti. Oggi ci sono esperti per tutto, e ce ne sono sempre di più.
Esperti così esperti che per tirare su una azienda che perde cifre pazzesche ogni giorno chiedono cifre da esperti gravandone ancora di più sui bilanci che avrebbero dovuto migliorare. Pochi mesi di lavoro e non si è migliorato nulla, ma si smette di offrire il proprio servizio da esperto. Ma l’essere stato esperto, anche senza risultati, viene pagato milioni di euro.
Gli esperti del virus poi sono tanto esperti che un giorno pensano una cosa e poi il giorno dopo il contrario e quello dopo ancora il contrario del contrario, che per logica dovrebbe essere ciò che hanno affermato la prima volta. Ma non è così. Il contrario del contrario è una terza versione del loro bravo essere esperti. Una esperienza fatta a cottimo e che cambia con l’umore, coi giorni, con la configurazione degli astri. Esperti in ogni buco della terra, su internet, nelle testate giornalistiche e negli studi televisivi. Una volta dicono una cosa, poi ci ripensano e dicono tutt’altro, magari non considerando più valida, o mai affermata, la loro prima opinione.
C’è differenza tra avere una opinione personale ed essere esperto di una certa materia. Nel primo caso va bene affermare qualsiasi cosa, tanto non ci sono basi scientifiche o comprovata esperienza di settore, si tratta di una opinione personale relativa.
Stanno mandando al fallimento un paese intero, nel nome dell’esperienza e del fatto che è una cosa nuova. I negozianti non possono aprire, ma sono abbandonati a sé. Non tutti, dirà qualcuno, e poi c’è il pericolo. Boh, lo sapete voi che non sono stati abbandonati. Io non lo so. Un esercizio commerciale anche se chiuso deve continuare a: pagare il contratto di fornitura di acqua, quello di energia elettrica, di gas, di fonia, l’affitto del locale, i dipendenti, i contributi ai dipendenti e le tasse se incasserà, quando succederà, anche solo un euro.
Ma se è una cosa nuova, allora non esistono esperti e allora perché si sente parlare sempre di esperti? E quanto vengono pagati gli esperti per essere esperti?
La verità è fastidiosa? Ammesso che esista coscienza di una verità in un ben certo settore specifico. La gente è stupida? Non credete che dopo aver visto quanta (in)esperienza avete, allora le persone continueranno a credere alla vostra (in)esperienza? Si danno molte (trooooooope) cose per scontate, scritte in piccolo, nei titoli di coda. Come le pubblicità (che oramai non vengono nemmeno più multate) dei servizi di telefonia. In TV dicono che il prezzo è X, però poi nelle scritte in piccolo che appaiono un paio di secondi prima del termine dello spot, c’è il costo di noleggio del router per connettersi a internet, il costo di una assistenza su misura che non è opzionale, il costo per alfa, beta, gamma, il fatto che il contratto non può essere recesso prima di due anni, il fatto che però possono aumentare il costo mensile se le necessità lo impongono.
E, vi prego, non consideratemi un esperto. Sono uno che apre la bocca confuso.
Gli esperti, quelli veri, esistono e ne capiscono davvero, ma sono pochissimi pochissimi e credo parlino poco e, quando lo fanno, sanno di cosa stanno parlando perché hanno degli elementi che hanno studiato bene considerando tante varianti del problema.
Ma oggi la parola esperto è stata snaturata. Oggi esperto non vuol dire un bel nulla. Un po’ come quando si bara sul curriculum vitae dicendo di essere esperti di un argomento di cui però, in realtà, si è vagamente sentito parlare o si è letto qualcosina nelle prime 10 pagine di un manuale di 3000 pagine. L’importante è far credere al futuro datore di lavoro di riuscire a muoversi in quell’ambito.
Una volta feci un colloquio per Google in inglese. Mi chiesero se ero un super esperto di reti di calcolatori al punto da aver scritto un libro e, se era così, volevano conoscere i dettagli di tal libro (nome, codice ISBN). Io credevo stessero scherzando, che stessero provando a farmi capire che la cosa era tosta, che volessero dire se uno ne capiva tutto di reti. Rifeci la domanda e loro mi dissero che no, volevano sapere davvero se avevo scritto un libro e di cosa trattava nei dettagli. Io un testo sulle reti non l’ho mai scritto.
Il colloquio proseguì lo stesso, ma cercavano davvero un super esperto di reti, e non solo di reti. D’altra parte era Google. Senza Google non dico che internet chiude, ma quasi. Un minimo disservizio diventa un disastro, mica come certe aziende italiane che se la prendono con gli attacchi informatici negando la realtà dei fatti: il non avere la più pallida idea di come si gestisce un flusso di accessi elevato a un server e la sicurezza dei dati degli utenti.