
Il settimo racconto, Cotofò, molto lungo, è basato su una parola inventata che è tutto un programma. Un risveglio nel cuore della notte dopo essere riusciti ad addormentarsi con difficoltà per il gran calore.
Una parola biascicata tra le labbra, urlata al di là di una porta e poi i pettegolezzi in casa della vicina, lo stare intorno a un tavolo a parlare della vita, con un bel cesto di fichi freschi e dolci e poi ancora una volta un’impennata terribile.
Ho sempre adorato le chiacchiere dei personaggi intorno a un tavolo di una cucina. Chi ha letto la serie “Le parole confondono” sa bene che due dei protagonisti, Andrea e Francesco, avevano questa bella abitudine e facevano anche molto tardi, le due, le tre di notte, sia quando erano all’università a Bologna che a Roma.
Questo racconto è ambientato a Napoli, si parla un po’ di dialetto, ma davvero poco poco, è sempre il giorno di ferragosto e siamo dentro un appartamento caldo che ci fa spaziare nel passato, in cui vengono fatte rivelazioni, in cui si portano alla mente cose che nemmeno si ricordavano più.
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