
È da un po’ di tempo che sto riflettendo su libri, giochi e serie televisive che riescono ad avere “successo di pubblico”, essere distribuiti in tutto il mondo e avere consensi in molte nazioni, osservo i punteggi su IMDB e mi faccio poi condizionare. Serie televisive che non superano il voto di 7.5 su 10 non le prendo nemmeno in considerazione, a meno che non sia qualcosa di qualcuno che voglio assolutamente vedere ben sapendo che non sto cercando il massimo.
Eppure anche un voto alto, o molto alto, a una serie televisiva su IMDB non mi assicura che mi piacerà e, d’altra parte, anche un voto basso o sufficiente, non so, un 6, un 6.5 non deve per forza indicare che sia un pessimo prodotto o che non mi piacerà.
Basarsi sul voto di altri, prima di capire da soli, è già un condizionamento, già sto lasciandomi manipolare. Mi è capitato di mollare serie televisive anche con un voto oltre l’8 dopo un paio di puntate perché le ritenevo un prodotto non adatto a me e poco interessante, eppure, la maggior parte delle volte il voto molto alto è proprio meritato.
È in questo caso che cerco di capire quali sono gli elementi che caratterizzano il tutto. Mi rendo conto che dietro un buon prodotto non c’è mai una sola persona, soprattutto quando si parla di una serie televisiva. Ma questo tipo di prodotto è particolare perché servono una quantità industriale di soldi per mettere insieme una squadra di attori, scrittori, sceneggiatori, dialoghisti, registi che sappiano perfettamente come muoversi, per non parlare delle ambientazioni che servono a una determinata trama e che hanno un peso molto elevato nell’economia della produzione stessa, se penso a una spy story come Condor, per esempio. E poi ci sono i cameramen, le persone che aiutano nel montaggio, poi c’è il costo del doppiaggio (se penso a serie straniere, ovviamente), ecc… ecc…
Ci sono tanti di quei dettagli in una scena. Si parte da una trama, che già di suo deve essere interessante, o deve essere resa tale. Ma a volte anche idee sceme fanno un grande successo, perché a tanti ingredienti poi si deve aggiungere anche la fortuna, e non solo quella.
Si parte da un’idea, si mettono insieme 3-4 scrittori che si occupano di sviluppare personaggi, dialoghi, trama e sotto trama. Un solo scrittore si perderebbe con una serie televisiva che prevede un certo numero di puntate e stagioni, soprattutto, se bisogna proporla, si deve puntare tantissimo sull’episodio pilota o sulla trama dello stesso. Devi trovare un produttore e una rete televisiva grossa che finanzi il progetto, quindi devi avere i contatti giusti anche solo perché si leggano il foglio con la tua idea e ne parlino ai piani alti sperando che ti convochino per una proposta economica e la richiesta di un certo numero di episodi e magari stagioni. Ma se ci saranno varie stagioni dipende solo da come il pubblico valuterà ciò che proponi. Nessuno produce un programma per pochi centinaia di migliaia di spettatori. I prodotti che fanno il botto, in senso positivo, la serie televisiva dell’anno, del decennio, vogliono molti milioni di telespettatori, oltre i 10 milioni, forse 20 milioni, sennò non ci sta niente da fare: si chiude, anche prima del numero di episodi previsti. Ho visto cancellare serie televisive con un pubblico di 8 milioni di spettatori perché ritenuto un numero insufficiente.
Quindi è molto difficile ingranare con una gran serie televisiva. Bisogna conoscere qualcuno di importante se sei uno sconosciuto, a volte anche se non lo sei, ma non per farti produrre la cosa a scatola chiusa. Nessuno investe perché sei l’amico dell’amico. Bisogna vedere la cosa, l’idea, quanto viene a costare, bisogna capire se ci sono attori bravi a un costo non troppo alto, oppure, se vuoi investire molto per avere un gran ritorno, si valutano quali sono gli attori bravi e noti da chiamare, allora ti devi affidare a una persona che si occupa del casting, ovvero gli dici di quanti personaggi si tratta, gli dai un copione, delle schede e lui valuta chi chiamare, poi si fanno comunque diversi provini, il produttore deve approvare, il regista deve approvare perché dovrà lavorare con queste persone, e non dimentichiamoci quello che scrive i dialoghi, magari si sceglie qualcuno perché capita che su quello specifico attore si riesce a cucire addosso un dialogo unico, forte, che dà spessore, che fa la differenza.
Insomma, serve un lavoro infinito e magari bisogna battere su dei filoni di cui più o meno si sa piaccere al pubblico. Ma non è detto. Se si propone uno stereotipo, bisogna farlo nel modo giusto. Già con un paio di puntate si decreta il successo o il fallimento di una serie televisiva.
Però è anche vera un’altra cosa. Ci sono un sacco di serie televisive che sono inguardabili, fatte male, con attori che magari non sono professionisti, perché non basate su caratterizzazioni dei personaggi ma solo su azione. Però poi diciamo che “azione” dipende. Se si fanno vedere sempre i soliti inseguimenti, sparatorie, gente che salta da ponti che si schianta nell’auto e ne esce viva senza nemmeno un piccolo graffio l’azione diventa prevedibilità e noia.
Ci sono molte variabili in gioco. Ecco perché io da scrittore mi sento avvilito. Non ho nemmeno il pubblico che attende con ansia il mio prossimo libro. La colpa è mia, ma anche no. A me piace scrivere storie, non riesco nemmeno a pensare in che modo promuovermi, ma se volessi che almeno 100 lettori mi leggessero dovrei investire in pubblicità, dovrei trovare delle storie accattivanti che vanno per la maggiore, magari piene di amplessi dettagliati, di tanti stereotipi. Alcuni romanzi ricchi di stereotipi sono arrivati al cinema, alle serie televisive con varie stagioni, per quanto magari siano molto scadenti come storie, per quanto abbiano tante stelle negative, hanno comunque invaso il pubblico.
Io non credo di riuscire a vedermi, quadrimensionalmente parlando, in un qualcosa che lascerà il segno. Mi mancano le ennemila variabili di cui sopra, ma non me ne lamento. Un testo che deve lasciare il segno, che deve essere promosso, che deve raccogliere stormi di persone, va costruito ad hoc, l’autore si deve snaturare, non può scrivere ciò che gli piace. Oppure può pure farlo, ma solo se è ciò che va per la maggiore.
Per esempio, di recente ho letto i due romanzi di Michael Crichton da cui sono tratti i vari film su Jurassic Park. Ecco, posso dire che solo il primo film è il top. I romanzi sono scadenti, nel senso che sono solo “azione”, lunghi dialoghi. Infatti credo si tratti proprio dei copioni delle sceneggiature portate in libreria, più che altro. Non ci sono personaggi di spessore, a stento ne conosci il nome, la trama è quella che è. Che poi la trama è anche interessante, ma non ci si sofferma a creare una storia da romanzo. Alla fine il secondo libro l’ho letto per intero, ma non vedevo l’ora di finirlo. Non mi ha lasciato nulla. Eppure c’è stato un grosso successo di vendite. Hanno fatto gadget. Tanti film. Speso milioni di dollari. Il primo film, ripeto, mi è piaciuto proprio tanto, ma il resto no. Ma è comunque la mia opinione, ci sono tante altre opinioni contrarie in merito. di qualsiasi libro o serie televisiva si parli. Ed è normale, direi. Non esiste l’opinione assoluta.
Il pubblico porta al successo o al fallimento di un qualcosa. Eppure la parola “successo” non ha lo stesso significato per tutti. Per qualcuno il successo vuol dire vendere tanto e fare 2’000 o 3’000 o 10’000 euro al mese, che male non è, ma lasciare ben poco del libro, per altri vuol dire non vendere che una decina di copie ma aver fatto un gran lavoro sulla trama, sui personaggi, sulle tematiche, e aver avuto il riscontro positivo di tutti i lettori. È poca roba, è chiaro, ma a volte non tutti cerchiamo la stessa cosa.
Ho letto alcuni libri molto belli e anche critiche agli stessi in cui la gente non è soddisfatta e dà consigli su come andava scritto il tale libro, o delle parti da cancellare. Io sono sempre dell’idea che uno scrittore deve prendere il lettore per mano e il lettore si deve lasciare accompagnare soddisfatto fino alla fine. Il lettore deve piangere, ridere. Quello decreta un successo. Il che non è affatto facile, non lo do mai per scontato. Per nulla.
Tanti successi in realtà non lo sono, ma sono i numeri che parlano e in così tanto vento e incertezza trovo sempre meno motivazioni per pensare a storie da pubblicare, ma continuo a scrivere, più o meno. Poco per volta. Una volta iniziato, i personaggi devono arrivare a un punto in cui vengono salutati con i modi e i tempi dovuti. Il resto (il famoso “successo”) dipende da troppi fattori e, molto probabilmente, non tutti sanno gestire poi il “successo”.
E poi ogni nuovo libro, ogni nuova serie televisiva, porta con sé l’incertezza di come verrà accolta. Non è detto che uno scrittore scriva un bel romanzo e che poi tutti gli altri a venire siano altrettanto validi. Stephen King, per esempio, secondo me, ha scritto così tanto che, alla fine, ha perso la sua dote, quella che io apprezzavo tanto in lui. Alla fine, comunque, quando si scrive, quando si creano mondi immaginari, l’importante è non arrabbiarsi, non stressarsi, ma divertirsi, facendo i conti con i propri limiti e con le proprie aspettative.
Stai progettando di produrre una serie?
Comunque a mio parere non devi farti influenzare dai voti, in nessun contesto. Al massimo possono darti indicazione del fatto che un prodotto è piaciuto o meno a molte persone, ma NULLA ti conferma che piacerà o meno a te. Io per esempio preferisco guardare trama, autori, attori o commenti e recensioni di persone fidate delle quali so quanto sono ‘affine’ in termini di gusto. Il resto è inutile.
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Produrre una serie? Ahahhahah. Non direi.
Potrei portarla all’attenzione di Elon Musk, pregarlo di darmi una possibilità, tanto per lui sono pochi spiccioli e magari si diverte a entrare nel mondo dell’editoria e delle serie TV, oltre che di Twitter. 😀
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