Appunti di viaggio n°2 – Il mio climax

Per i non addetti ai lavori, il climax è il momento di massima tensione drammatica di un testo letterario dopo cui segue il dénouement, ovvero lo scioglimento della vicenda con il finale. In genere in un racconto il climax è unico, visto il numero di pagine che costituiscono un racconto. Di solito, in questo caso, coincide pressappoco con il finale. In un romanzo possono esserci vari climax, a seconda anche del genere letterario.

Se si immagina un romanzo ricco di colpi di scena, si capisce subito che non si ha un solo climax. Ci sono vari punti di tensione drammatica, ma, in ogni caso, si può avere un unico punto di massima tensione drammatica. Certo non è una regola fissa, ma non è semplice stare sempre a sorprendere il lettore usando una infinità di stratagemmi per produrre climax. Lo stesso Lost, mia serie televisiva preferita, ha un unico esplosivo climax, ovvero quello della puntata di fine stagione. Avremo modo di parlare di Lost, ma per il momento torniamo a noi.

Il mio climax

Ecco, veniamo al dunque, proprio ieri ho scritto una parte di quello che sarà il climax del romanzo a cui sto lavorando. Sono mesi che ce l’ho in mente. Alcune immagini le ho bene definite da diverso tempo, ma avevo la necessità di scriverlo, non potevo aspettare più di arrivarci con calma. In genere, quando si scrive, non è che si può sempre procedere in maniera rigorosa in modo cronologico. Inizialmente non esiste nemmeno un ordine preciso delle sequenze narrative che compongo un’opera letteraria di ampio respiro come lo è un romanzo. Louise Doughty, una scrittrice nata nel 1963, nelle sue lezioni di scrittura creativa orientate alla scrittura di un romanzo in un anno, ci dice di scrivere di quello che vogliamo. Se ci viene l’ispirazione per una scena che sappiamo venire dopo, non è che aspettiamo di arrivarci con ordine, anche perché se non si arriva alla fine di tutta l’opera non possiamo essere davvero sicuri della sequenza precisa degli avvenimenti. Sì, possiamo avere una idea abbastanza precisa, ma nulla ci vieta di cambiare l’ordine delle scene grazie all’uso di flashback o flashforward. Io dovevo scrivere il climax, o parte dello stesso, non fosse altro anche perché in questo modo posso puntare davvero a una conclusione e a una certa accelerazione.

In realtà è l’idea stessa di quella scena che mi rigira in testa da troppo tempo e, siccome, l’argomento è abbastanza delicato ho cercato di tirarlo fuori ora, magari per sistemarlo pian piano. Ho pensato di sfruttare anche l’occasione per farne un racconto, poi come sarà realmente inserito nel romanzo non è sicuro, ma almeno ora sta lì sui cinque fogli A4 in carattere 14. Anche Stephen King scrisse un racconto che poi inserì nel suo romanzo “Le creature del buio”. Quindi l’idea non è originale se vogliamo. Poi vorrei partecipare con questo racconto a un altro concorso letterario, solo che devo accorciarlo di 2-3 paragrafi per non sforare i limiti che hanno imposto di 8 cartelle, ovvero 8 x 1800 caretteri spazi inclusi. Non lo so cosa tagliare. È difficile. Credo che per come sia scritto, togliere quei 2-3 paragrafi lo impoverisca. Non riesco a scrivere racconti troppo brevi, io che, senza volerlo, sono ispirato dalle lunghe opere di King. Certo è che devo capire se, tappandomi il naso, in qualche modo lo posso accorciare, sennò scriverò una serie di altri racconti a seconda di come sono ispirato e poi si vede. La cosa bella è che se il racconto dovesse poi realmente partecipare al concorso, cosa che mi auguro, e se dovessi vincere, cosa che ritengo difficile, ma non impossibile, sarebbe una bella sfida. Voglio dire vorrebbe dire che il romanzo che sto scrivendo magari può interessare davvero… Certo il climax non è l’intero romanzo, magari il climax è bello, intenso e poi il resto fa cagare (come sono ipercritico) oppure si sviluppa male. Beh, bisogna battere il ferro finché è caldo, e affrontare un problema per volta, poi chissenefrega. Non è che non tema la “sconfitta”, la temo, ma non è una vera sconfitta. Ci sono ragazzi e ragazze molto bravi in giro, editori che selezionano solo il meglio, quindi voglio essere realista… dai meglio non pensarci e vedere di scrivere come uno dovrebbe sempre porsi, cioè con umiltà, ma con vigore, credendo in se stessi. Certo mi roderebbe non riuscire, ma ammetto che la concorrenza è molto forte. Molto alta.

Il mio stile

E quando guardo quello che scrivo ho il terrore. Uno stile troppo particolare. Non so se pretenziosamente elaborato per modo di dire o davvero particolare e interessante. La semplicità rende la narrazione più semplice e immediata, non artificiosa. Ora sto esagerando però 🙂 . Tanto non è che una volta scritta una cosa non si tocca più. Certo è che ogni volta che mi metto a correggere una cosa la cambio. “Se ci metto mano 10 volte, la cambio 11”, come dice Gianni Puca, l’autore di “Finché l’avvocato non vi separi“, la commedia pubblicata da Edizioni Kairos. È un pregio/difetto di tutti gli artisti della penna/tastiera.

Ecco, sono giunto al finale, sperando di non avervi annoiato. Siete almeno un po’ curiosi? 🙂 .

Speriamo che A. e L. mi diano il loro parare sul racconto al più presto, anche se non sempre gli amici danno un parere obiettivo. Sono troppo buoni e critiche non arrivano 🙂 .

Alla prossima.

dénouement
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