almeno 10 motivi (buoni e cattivi) per rinunciare al selfpublishing

Ogni tanto fa moda. Parliamone ogni tanto.

(C) Ladyheart at Morguefile
(C) Ladyheart at Morguefile

Qualche giorno fa leggevo un articolo su Wired.it. L’articolo si intitolava: “Quali sono i migliori nuovi 10 selfpublisher italiani?”. Ecco era solo un titolo da clic. Cioè?

Arrivati sull’articolo l’autore spiegava che forse tra 4-6 mesi ci dirà quali sono questi 10 nuovi migliori selfpublisher. Chiaramente, visto che i l fenomeno del selfpublishing interessa sempre tutti nel bene e nel male, deve aver fatto un buon numero di clic senza dire nulla o molto poco.

Ma cos’è il selfpublishing? Allora, letteralmente: auto pubblicazione. Self in inglese si usa per i pronomi riflessivi: me stesso (myself), te stesso, sé stesso, ecc… Publishing è editoria/pubblicazione.

Il selfpublishing è la pratica per cui senza passare per un editore si immette nel mercato editoriale un “libro”.

Eccole le risatine, qualcuno ha già cambiato blog, giusto?

Dico sempre che non esiste una persona uguale all’altra, per cui non esiste un selfpublisher uguale a un altro, un editore uguale a un altro e un autore uguale a un altro, quindi generalizzare e dire che tutti sono X, Y e Z non ha molto senso.

Se dovessi trovare motivi anche ironici – vi prego di non prenderli alla lettera, va bene? 🙂 – per smettere con l’autopubblicazione individuerei i seguenti:

  1. Sono annoiato di dover sempre spiegare a chi mi dice “ho sentito dire che hai pubblicato un libro, con quale editore?” che un editore non ce l’ho.
  2. Sono annoiato di dover difendere una intera categoria di scrittori che pubblicano di tutto e di più per mille motivi diversi senza passare da un editore: io sono io e gli altri sono gli altri.
  3. Sono annoiato di dover spiegare cosa è l’autopubblicazione ed essere guardato come uno che non sta bene.
  4. Sono annoiato quando, senza sapere i miei trascorsi, mi dicono “scusa, ma perché non ti cerchi un editore?” e devi spiegargli tante cose in due minuti di orologio
  5. Sono un po’ infastidito quando un estraneo o quasi mi chiede: “ma come funziona? Quanto ti pagano?”
  6. Sono annoiato dal non essere preso sul serio da altri scrittori che invece sono stati pubblicati da un casa editrice che magari non ha distribuzione e che paga loro lo 0% dei diritti d’autore o quasi e che non fa ebook.
  7. Sono annoiato dal dover sempre dire: “come gli editori pubblicano nefandezze per soldi così c’è chi lo fa in maniera uguale senza passare per l’editore, cosa cambia?”.
  8. Sono annoiato dal dover dire: “come c’è chi pubblica belle storie, così puoi imbatterti in chi belle storie te le dà anche se non ha un editore alle spalle”.
  9. Sono annoiato dal dover dire che non ho la potenza pubblicitaria di una grande casa editrice anche se arrivo per conto mio su Amazon, Apple, Google e Kobo.
  10. Sono annoiato dal dover essere contattato da gente che offre servizi editoriali di ogni tipo a prezzo da donazione di rene e di cui non hai mai sentito parlare: allarme truffa! Mi hanno contattato anche per comparire in una trasmissione televisiva locale nel nord Italia per parlare del mio libro per 10 minuti al costo di 500 euro quando poi in studio non c’erano scrittori, ma di tutto e di più e quando poi chissà se la trasmissione mai andava in onda.
  11. Non mi piace fare decaloghi, ecco perché andiamo avanti… Non farei più il selfpublisher perché non so fare marketing, selezionare un pubblico e non ho gli strumenti, le risorse economiche giuste e le competenze per fare pubblicità dei miei testi (racconti e romanzi).
  12. Non mi va più di dire che le case editrici (piccole e grandi) non sanno fare gli ebook e spiegare perché.
  13. Soffro nel non offrire un testo lindo e pinto, quindi per preparare l’uscita di un romanzo impiego mesi e mesi di duro lavoro con una squadra di editor/lettori/grafici e poi vedere esaurito il discorso di vendita in una settimana dopo la pubblicazione per i motivi del punto 11.
  14. Sono annoiato perché non apprezzare un testo di qualche autore (self e con regolare editore) a volte può riportare una certa attenzione su di te che puoi anche pagare, quindi devi fare molta molta attenzione quando fai una recensione poco piacevole di un perfetto autore estraneo. Ecco perché spesso evito, non mi posso permettere nemici.
  15. Sono annoiato quando la gente pensa che tra self ci facciamo tutte recensioni false a 5 stelle. Io non do 5 stelle se il testo non mi piace o se ne merita 3 o 2, preferisco non recensirlo causa punto 14.
  16. Sono annoiato del pregiudizio che accompagna l’autopubblicazione: chi scrive e si autopubblica fatica tre volte di più per dimostrare di avere fatto un buon lavoro e di non avere ripiegato nel selfpublishing perché non apprezzato in altri contesti ufficiali

Ma essere selfpublisher ha anche i suoi buoni motivi. Siccome l’articolo già è troppo lungo, questi li vedremo la prossima volta.

 

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7 pensieri su “almeno 10 motivi (buoni e cattivi) per rinunciare al selfpublishing

  1. Rita Carla Francesca Monticelli

    Mi permetto di fare due precisazioni:
    1) Self-publishing vuole dire letteralmente autoeditoria non autopubblicazione. Questo è un errore comune. La parola publishing vuol dire editoria non pubblicazione. La differenza è tutt’altro che sottile. Autoeditoria significa essere editori dei propri libri. Autopubblicazione significa premere il tasto “pubblica” per pubblicarli. È vero che c’è gente che fa SOLO autopubblicazione (in questo caso si ha a che fare col trash-publishing), ma i self-publisher veri (autoeditori) fanno autoeditoria e non solo autopubblicazione.
    2) Non è vero che tu non hai un editore. Tu un editore ce l’hai: sei tu! 😉

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  2. Deve annoiarti anche il pregiudizio che accompagna l’autopubblicazione: chi scrive e si autopubblica fatica tre volte di più per dimostrare di avere fatto un buon lavoro e di non avere ripiegato nel self-publishing perché non apprezzato in altri contesti ufficiali.
    È una strada in salita almeno quanto passare attraverso le maglie strette dell’Editoria.

    "Mi piace"

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