#editing a iosa ed errori comuni

(C) ditfeet at Morguefile

Quando si dice che è facile scrivere, che tutti scrivono, e bla bla bla, non si conosce il lavoro che c’è dietro ogni singolo testo e qual è la mentalità di ogni singolo autoeditore.

Sono ancora in modalità editing a tutto ritmo. Mi servirebbe del cioccolato, magari un tè a Covent Garden e un bel Ben’s Cookie, un po’ di relax, insomma.

Deve uscire sto benedetto romanzo, perché deve, altrimenti blocchiamo tutto il resto, letture e vita personale inclusa. Non che a qualcuno di passaggio in questo blog possa interessare, lo so bene 🙂 .

Eppure quando leggo e rileggo il testo noto cose che non dovrebbero essere come sono.

Solitamente, prima di pubblicare un romanzo, attraverso diverse fasi di rilettura completa del testo. Le prime tre o quattro le faccio per conto mio sul file prodotto da LibreOffice Writer, il miglior programma di videoscrittura del globo, poi mi affido a un beta reader molto bravo, infine leggo e rileggo il testo in cartaceo e più volte in ebook (sia formato ePub sul Kobo Touch, sia in formato mobi sul Kindle).

Una beta lettura serve. Sempre. Ma ci sono scelte stilistiche che un beta reader non sa se è utile indicare come errori o meno, e quindi proporre correzioni opportune da apportare. Lo scrittore conosce bene la sua creatura e sa dove bisogna intervenire dopo le segnalazioni del beta reader. Le ripetizioni di un verbo, di un aggettivo, di una parola, possono essere una cosa voluta, o anche solo un semplice errore di distrazione. Solo l’autore sa come affrontare questo tipo di correzione. La cosa bella è che a tutti sembra facile e semplice il processo di scrittura, giusto?

E che ci vuole? Sono quattro parole che vorrai sarà mai. E, infatti, i risultati poi si vedono, in generale. Non che questo cambi molto oggigiorno, ma questo discorso lo affronteremo nel prossimo articolo.

Cose assurde e paranormali

Poi però succedono cose strane. Il beta reader mi ha segnalato un fatto strano assai che non era possibile. Dopo tre letture io non mi ero accorto di aver creato due versioni di una medesima scena. Mi spiego meglio. C’è la scena in un ristorante. La taglio in due parti: inizio e fine. La prima a fine del capitolo C, l’altra a inizio del capitolo C+2. Sì, perché nel capitolo C+1 ci sono dei ricordi della protagonista, la sua vita passata (in modo che il lettore riesce a entrare più in simbiosi con il personaggio).

Nel capitolo C finisce in un modo: l’ordinazione delle portate, quella nel capitolo C+2 torna addirittura indietro, viene aggiunto un dialogo che non c’era nel capitolo C, si cambiano delle cose rispetto a quanto già detto e poi si ordina di nuovo. Chiaramente questo genera molta confusione. Perché l’ho fatto? Devo aver corretto la cosa forse tra la fase di editing n°2 e la n°3 e poi non lo so a cosa pensavo quando ho fatto l’ultima rilettura. O è stata sempre lì così come si presentava sotto i miei occhi? È un mistero. Forse prima o poi me ne sarei accorto pure io. Me ne sarei accorto se avessi letto di seguito i capitoli C e C+2, nella stessa giornata, senza interruzione.

Ecco, si creano errori che spesso c’è da ridere. Io normalmente non scrivo così, non do i numeri. Meno male che abbiamo portato rimedio, benedetto beta reader.

Ma in genere ci sono tanti di quegli errori che si fanno scrivendo che non se ne può avere idea. Quando si prende e si dice: “E che ci vuole a scrivere?”. Eh, sapessi…

Occhi aperti, occhi chiusi, spostati qua, spostati là

Altra cosa che può capitare è quando un personaggio chiude gli occhi e magari lo fa più volte. Li chiude, li apre, li chiude e… Stranghete! Ti trovi che magari li ha chiusi due volte di seguito o li ha aperti due volte di seguito. Certe scene vanno lette al rallentatore, vanno visualizzate, occorre, calma, concentrazione. Soprattutto se poi il personaggio con gli occhi chiusi vede quello che avviene nella scena perché si era convinti che quei benedetti occhi ce li aveva già aperti. Quindi o evitate scene dove qualcuno chiude gli occhi (mai si voglia che lo fa più volte) o la controllate quando avete modo di farlo bene, nel silenzio, leggendo piano piano a voce alta, magari annotandovi al momento su un blocchetto:

CHIUSI

CHIUSI APERTI

APERTI CHIUSI

Altro errore consiste nel non specificare nero su bianco dove sono i personaggi e farli muovere sapendo bene solo io scrittore dove sono: un salotto, una cucina, seduti su un divano; oppure quando si muovono in una stanza. Un attimo erano davanti alla finestra e poi spingono la schiena contro il divano… Ma non erano davanti alla finestra? Ecco, appunto. Bisogna visualizzare in tre dimensioni, nella testa, entrare nella scena con loro, e farlo bene. Questo errore forse mi sarà capitato nella primissima sessione di rilettura.

E il backup?

Altro errore ancora, e lì non ci sono possibilità di rimediare, accade quando si va a salvare e poi a fare il backup di quanto corretto su un altro disco. Succede che si copiano i file vecchi sui nuovi e non il contrario e stranghete!, si perdono tutte le modifiche apportate, poi magari si lavora sul testo da un’altra parte con QUEL backup e stranghete! si crea un file corretto nuovo in cui mancano le correzioni precedenti. Aiutooooooooo!!!

Come mi sono accorto di aver fatto questa cavolata? Quando salvo il file ODT, e lo riapro successivamente, il cursore si presenta dove avevo fatto l’ultima modifica, ma, preso dalla quantità di cose che ho da sistemare, non ci faccio caso. Per puro caso vado a verificare la pagina in cui indico la data corrispondente all’ultima versione prodotta e noto che la data non è quella giusta. C’è quella di due giorni prima. Ecco. Ho tagliato le correzioni fatte! Per fortuna che ne era stata una sola e che la ricordavo, sennò immaginate il dramma. Roba da piangere per davvero.

Ma la frase suona bene?

E poi fai un booktrailer. Monti immagini video che hai ripreso per l’occasione, foto che hai fatto in modo particolare, con quella luce, con quella inquadratura particolare, con quella forma di quelle nubi. Chiedi a qualche ragazza di leggere per te delle cose perché serve la voce di Giulia, non la mia. Al più potrei fare la voce di Andrea, di Francesco. Le ragazze si negano. La cosa è una fortuna perché leggendo, provando a impostare la voce, ti accorgi che la frase non suona benissimo. Ci sono parole che si ripetono, che cozzano. La riscrivi. La registri di nuovo, ovvero quando fuori nessuna donna di strada urla dicendo male parole, nessun ragazzino urla, scalcia palloni e riempie di male parole gli amici, nessuna strana e improvvisa serie di fuochi d’artificio (una sera per tre volte di seguito a distanza di 20 minuti), nessuno in casa ascolta la TV, nessuno ha bisogno di te proprio mentre stai registrando, nessun vicino urla, batte martello su un chiodo nella parete, sbatte porte che senti come stesse sbattendo quelle di casa tua e… Cacchio, ancora non mi convince. Riscrivila e registrala la prossima volta, visto che si è già fatta mezzanotte, accidenti!

E poi, detto tra noi, la mia non è la voce di un attore, non mi piace molto l’effetto orrendo del mio parlato. Che faccio? Elimino tutto? Consigliatemi.

E poi, tanto, i booktrailer è scientificamente provato che vengono visti per i primi 10 secondi e, soprattutto, non vengono condivisi e meno che mai (ma stai scherzando? Non lo sai? Cacchio, informati!) spingono all’acquisto dell’ebook o del cartaceo. Ricordati che non sei nessuno e ricordati che nessun booktrailer, almeno che non sia cinematografico, con attori e voci di doppiatori famosi viene visualizzato, anzi proiettato al cinema. A volte a Londra, al cinema, ho visto un booktrailer di un selfpublisher… WOW!!!

E poi l’ebook è corretto?

A volte poi gli errori sono nella realizzazione dell’ebook. Nel file per la stampa è tutto OK, mentre nell’ebook vedi che manca uno spazio tra paragrafi per la divisione della scena. Te ne accorgi perché a furia di leggere e rileggere, hai quasi imparato a memoria la formattazione, per fortuna.

Vai a vedere perché e ti rendi conto di aver usato il class sbagliato per il tag p (il paragrafo) nel codice XHTML. Correggi e riprovi e scopri poi che quel class lì, quello sbagliato, lo hai usato, in quel capitolo solo, per fortuna, per tutti i paragrafi che dovevano separarsi dal superiore con alcuni spazi.

È un continuo.

Io ho il MIO Editor

Quando poi sento dire ad alcuni: “Io ho il mio editor. Mi elimina gli aggettivi di troppo che uso”. Ah, beh, allora siamo in una botte di ferro. Magari frasi senza più aggettivi, ma parole ripetute a iosa, verbi non adatti, elementi di trama che non servono, scene di troppo o altre scritte di fretta da approfondire, e poi magari (ma non è un problema dell’editor) lo scrittore ha una formattazione ebook di livello terra terra, niente indice e mille altri problemi. Che qualcuno ce ne scampi. A volte quella frase suona quasi come: “Io ho un editor, lo pago, tu no, sei la quinta essenza della mediocrità, vergognati!”. Una volta una ragazza scrisse: “La mia editor mi ha tolto tutti gli aggettivi per descrivere un personaggio, ma io come faccio a…”. Io feci una battuta che restò incompresa, forse fui schifato, chissà. Scrissi: “Metti una fotografia al posto della descrizione”. Questa cosa che gli editor eliminano gli aggettivi e basta mi sembra quasi un cliché. Ci scriverò una storia prima o poi.

Io non son contrario all’editing pagato. Serve per essere più sicuri, ma un editor che fa bene l’editor lo devi pagare 1000 o 2000 euro. Ma ammettiamo pure che gli stai simpatico e te ne fa pagare 500. Facciamola questa ipotesi. Quante copie devi vendere per rientrare dei 500 euro? Tantissime. Però tiriamo in ballo anche un’altra considerazione: ma qualsiasi testo è editabile? Cioè, se la storia fa acqua da tutte le parti, oppure non è un granché, oppure i protagonisti restano distanti dal lettore per tutto il tempo, non c’è emozione, non c’è narrativa, ma solo parole che scorrono su una pagina, esiste un editor che è in grado di sistemare il tutto? Esistono editor che dicono: “Senti, ti farei anche pagare i 1000 o 2000 euro, i 500 euro e ti editerei, ma la tua storia non sa di nulla, non è dolce e non è salata, non resta nulla di nulla dopo aver letto il libro, e i tuoi personaggi non trasmettono nulla di nulla. Non posso editare un libro così”? Ci sono? L’editing fatto per conto proprio, invece di quello che ti fa un editore che vuole pubblicarti funziona? Esistono editori che accettano testi non editati? Sono questioni che affronteremo nel prossimo articolo.

Di recente mi sento sempre più avvilito perché la mancanza di un marketing plan, di una strategia di vendita, di un piano di vendita, si fa sentire eccome. Se vendo 5 ebook è tutto il mondo. E poi, quesito banale, ma fondamentale, ci sono editor davvero bravi e che il testo lo migliorano? Magari ci sta l’improvvisato di turno che il testo te lo peggiora pure.

Pubblicare è una gran rottura di scatole.

L’editing fatto in maniera professionale, e da soli, è una grandissima rottura di scatole.

Solo rileggendo 10 o 20 volte un testo capirai che ci sono cose che la volta precedente sono sfuggite.

Passato remoto, passato prossimo o presente indicativo?

I tempi verbali, per esempio. Se stai parlando al presente indicativo per raccontare la scena corrente e poi fai una piccola divagazione raccontando quello capitato al personaggio appena due ore prima o due giorni prima, allora devi usare il passato prossimo, fare attenzione che sia sempre il passato prossimo perché ci sono casi che non è così, magari devi usare il passato remoto o il trapassato prossimo. Poi che succede? Invece di usare il passato prossimo, usi il presente. Lo so che non si fa, ma vi assicuro che capita, e vi assicuro anche che non te ne accorgi se non leggi il testo 10 volte. Ho scorto tre verbi al presente dove dovevo usare il passato prossimo, proprio ieri sera. Pensavo di leggere e non incontrare più errori e di pubblicare stamattina, in gran segreto, il terzo volume de “Le parole confondono“… E invece…

È piacevole creare storie, divertente, ma sta diventando così umiliante vedere i report di Amazon dopo la pubblicazione. Due mesi con un elettrocardiogramma piatto. Poi pubblichi qualcosa di nuovo e arrivano 2-3 vendite e poi più nulla.

Sto davvero pensando di smettere. Ci metto troppe energie, molte più che se mi dedicassi a espatriare prima che sia troppo tardi. Troppe energie con risultati risibili. Anzi, senza alcun risultato. Dovrei contattare blog per le recensioni? Librerie per presentazioni? Sono cose che ho fatto e che non hanno prodotto il benché minimo risultato, in alcuni casi mi hanno sottratto tempo utile e prezioso a fare altro, e mi hanno lasciato una grande amarezza.

La pubblicazione non è una cosa che fa per me.

E quest’è.

Vediamo di pubblicare sto romanzo e poi, forse, ci vedremo in un tempo migliore, alla fine dei tempi.

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