diario scrittorio: mercoledì, 18 marzo 2018

Finalmente sono riuscito a concludere il quarto volume della serie “Le parole confondono“, almeno la prima bozza. Mi basta e avanza. Non ho alcuna intenzione di mettermici a correggerlo rileggendolo almeno cinque volte, andando a caccia di refusi, parole da eliminare e far comparire sinonimi al loro posto per evitare ripetizioni, sentire il suono delle frasi, la cacofonia e altre tremila cose. Anche se l’ho già riletto e corretto varie volte prima di finirlo, ho trovato e rimosso una incoerenza che era lì da alcune versioni e che è sparita. Pace all’anima sua.

Però non ho ancora cambiato idea. L’ho concluso, sì, bene. Non ho detto che voglio/sento la necessità impellente di pubblicarlo. Forse perché l’anno scorso ho pubblicato ben due romanzi e mi sento ancora stanco?

No, è che la pubblicazione è solo il primo atto di una lunga serie che so che non seguiranno, quindi non mi ci metto proprio a entrare in un circolo vizioso dove inizierei a nutrire tremila dubbi e tante aspettative che non saprei curare nemmeno sforzandomici.

Tra l’altro il tema potrebbe trovare ancora più difficoltà, o magari piacere molto, perché magari piace. Il genere sembra si porti molto di recente, spuntano libri e film sull’argomento come se non ci fosse un domani, però boh. Su Twitter mi hanno fatto notare che sembro molto dubbioso. Sì, lo sono, in questo periodo lo sono un bel po’ più del dovuto. Sarà pure questo periodo, il tempo sempre moggio e incerto peggio di me che va avanti così da dicembre scorso.

Questo romanzo mi ha tenuto impegnato un bel po’, nel senso che non è stato semplice seguire l’evolvere della trama, inoltre, diversamente da tutte le altre volte, non ho nemmeno iniziato il volume cinque della serie. Solitamente quando finisco un volume, ho già iniziato tempo addietro a scrivere alcuni capitoli del seguito. A volte un paio di anni in anticipo. Stavolta no. Le idee le ho raccolte, ma sono in un periodo di stasi.

Se proprio qualcuno volesse leggere questa nuova storia potrei passargli la bozza, forse.

Avevo iniziato a guardare quanto avevo scritto delle altre cose lasciate non finite. Giusto per cambiare un po’ “aria”.

Una su tutte la storia del romanzo sull’editoria. Lo chiamo “romanzo sull’editoria” perché mi è più semplice individuarlo, in realtà è un romanzo sulla modernità, parla sì di editoria, ma anche di scrittura (molti personaggi sono scrittori), di politica, di condizioni di vita in una Roma allo sbando (come lo è qualsiasi città d’Italia un po’ più grande del solito in questi tempi moderni), si affronta anche il tema del ricatto in tutte le varie forme, ricatto morale, sopraffazione. Ci saranno vittime e carnefici, come ho spesso detto. Un romanzo che parla di vita, di molte difficoltà, di incoerenza e cattiveria delle persone allo stato puro. Ci sono scene anche molto divertenti, altre molto drammatiche ed è concepito come se fosse una serie tv con puntate che a un certo punto impennano e l’adrenalina sale, sale e sale. Fino a esplodere.

Un romanzo che nessuno avrebbe la pazienza di comprendere, insomma. Ammetto che sono cose interessanti, ma guardando ciò che i lettori cercano su Amazon non riesco a collocarlo da nessuna parte. I romanzi che sono generi misti spaventano come la peste. Certo, parlarne così genericamente, senza averlo nemmeno finito a cosa serve?

Una cosa la so. Lo finirò di scrivere. Mi diverte molto creare una storia di così ampio respiro dove i personaggi interagiscono quasi tutti tra loro. Ho fatto un grafico dove indico nomi e interazioni di tutto il “cast”. Divertente anche questo. Dà l’idea dell’enorme lavoro e della gran bella idea e del fatto che secondo me funziona. Mi sono venute in mente anche alcune forme di promozione, ma non sono convinto. In realtà cambio idea ogni cinque minuti, come nella migliore delle tradizioni che mi accompagna.

Una volta concluso, dirò: “OK, fatto anche questo”. Ero anche orientato a portare a termine il romanzo sul self-publishing, romanzo che è appena  accennato, si parla di 18 mila parole circa, un bel nulla, in confronto al minimo delle 70 mila parole circa a cui sono abituato. Non dimentichiamo che ho prodotto anche romanzi di quasi 150 mila parole. Mica pizza e fichi? Testi che sono passati sotto la supervisione di vari editor e beta reader. Gente in gamba.

Quindi, come direbbero gli inglesi: “What’s next?”. Ovvero: “E ora che si fa?/Cosa farai dopo?”.

Mi godo le stagioni della serie TV “Dottor House”, leggo “Delitto e Castigo”, “La giuria” e “Come un dio immortale”. Dei tre, quest’ultimo mi sembra meno monotono e più interessante. Sarà anche di una self-publisher (c’è gente che inizierebbe a criticare solo per questo motivo, a prescindere dal contenuto del testo), ma lo trovo decisamente più interessante e meglio fatto del John Grisham che mi sto sforzando di leggere, per il momento, poi non lo so, sono un po’ in cerca di ottime letture in questo periodo, altrimenti rischio davvero di non finirle.

Voi leggete cose buone? Sareste interessati a leggere il quarto volume de “Le parole confondono”? Ah, no, capito. Non vi darò nemmeno il titolo o la copertina, anche perché dovrei comprare l’immagine definitiva, ma perché se non lo pubblicherò? 😀

5 pensieri su “diario scrittorio: mercoledì, 18 marzo 2018

  1. Cheers! Fossi in te (ma poi sentiti libero di fare come preferisci), io questo volume lo lascerei ‘decantare’ almeno un mese prima di riprenderlo in mano. Smaltisci la fatica, i dubbi, lascia evaporare tutti i dialoghi e le trame che ti si sono accumulate nella testa.
    Ah, sono molto interessato sia al “romanzo sull’editoria” che a quello sul “self-publishing”. Spero vedano la luce entrambi.

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    1. Mi piace quando qualcuno commenta, non mi fa sentire come quei pazzi che parlano da soli in strada 🙂 . Il tuo consiglio è saggio, ma in questo momento penso che decanterà vita natural durante 🙂 sempre che non cambi idea tra 5 minuti 🙂 .
      Giusto ieri provavo a dare una copertina al romanzo sul self-publishing… so che si scrive col trattino, ma in copertina, nel titolo, viene proprio brutto col trattino. Nel testo lo userò il trattino, però nel titolo credo di no. Faccio un’eresia? Non ho trovato ancora la copertina che mi convince, ma tanto, visto che ci vorrà tantissimo tempo, non è che adesso importi, però si tratta pur sempre di uno sfogo creativo. A volte mi piace mettermi a fare copertine anche di romanzi che nemmeno esistono ancora. Mi rilassa.

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      1. Ho ricominciato da poco tempo a commentare nuovamente sui blog. Me lo sono imposto, non è stato semplice ricominciare (poco tempo e tanta roba da leggere, e spesso proprio non sai cosa dire, cicchi la stellina e bòn) però ne sentivo il bisogno.

        Ma nel titolo devi usare per forza il termine ‘self-publishing’? Non puoi, che so, aggirarlo con qualche figura retorica?

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  2. Devo ancora leggere il terzo, scusa. Purtroppo non posso finché non finisco di scrivere “Sirius” (sto scrivendo in questo momento l’ultima scena della prima parte, quindi sono circa a un terzo del libro), perché è un genere troppo diverso. Quando scrivo, devo fare delle letture almeno un po’ affini come ambientazioni, genere e soprattutto vicine al mio modo di scrivere. Sto leggendo un romanzo di Matheson (uno dei miei autori preferiti per via della sua ecletticità) in italiano e la seconda parte del nuovo libro di Richard Galloway, che devo tradurre dall’inglese all’italiano. È già dura così scrivere (sai che per me è una tortura). Prometto di leggerlo quando finisco la prima stesura.

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