
Dopo diversi mesi dall’uscita del nuovo romanzo di Elena Ferrante mi sono chiesto se questo testo potesse piacermi come la tetralogia dell’amica geniale, storia che ha avuto un successo planetario, libri da cui hanno tratto una serie televisiva con varie stagioni e che ha suscitato i giudizi più disparati sull’opera. C’è chi lo ha apprezzato, chi lo ha amato alla follia, chi lo ha odiato e ne ha parlato malissimo ma, senza negare il gusto personale solo perché diverso da quello degli altri, a me è piaciuto molto. Parlo sia della tetralogia che de “La vita bugiarda degli adulti”.
Ma oggi siamo qui per parlare di quest’ultimo.
Questo romanzo si potrebbe considerare una versione moderna della tetralogia. Ci sono tutti i temi cari alla Ferrante, la protagonista ricorda molto sia Lila che Lenù de “L’amica geniale”. Alcune vicende richiamano alla mente la serie, ma il romanzo è comunque da leggere e, possibilmente, dopo i quattro volumi de “L’amica geniale”, almeno penso che sia meglio.
Bisognerebbe sempre seguire l’evoluzione di un autore ma, chiaramente, nulla ci vieta di leggere prima l’ultimo testo pubblicato e poi scorrere a ritroso le varie opere.
La storia inizia con la protagonista, Giovanna, che ascolta, di nascosto, suo padre dire a sua madre che si sta facendo brutta come la zia Vittoria, la sorella del padre. Zia che Giovanna non ha mai frequentato e conosciuto. Inizia allora, con l’elaborazione verso questa frase, il desiderio di capirne il senso, la voglia di conoscere questo “mostro di zia Vittoria” che i genitori non le hanno mai fatto vedere. Giovanna cercherà le vecchie foto negli album di famiglia, finché i genitori, una volta che si sono resi conto che non si può evitare, le permetteranno di incontrarla.
Ed è a questo punto che Giovanna ascolta delle storie di suo padre che ignorava e si rende conto che non è facile, a sedici anni, districarsi tra le bugie e le verità degli adulti, tra i sentimenti di rancore intercorsi tra loro, tra le incomprensioni e le incompatibilità caratteriali, addirittura l’ipocrisia.
Ci sono le storie che Elena Ferrante ci ha raccontato, la difficoltà di essere una adolescente normale, il continuo confronto con gli altri, la scoperta del sesso.
Un romanzo che si lascia leggere, che ci incolla alle pagine grazie alla dialettica usata dall’autrice, grazie alla trama che incuriosisce e ci permette di avvicinarci ai personaggi e alle loro vite, cosa che non sempre riesce a tutti gli autori.
Consiglio di leggere questo libro senza pregiudizi perché è una buona opera. Non sempre chi vende tanti libri e ha successo racconta pessime storie e male. La Ferrante è l’eccezione che conferma la regola, inoltre, senza prima aver letto un libro, dopo esserci liberati di giudizi e pregiudizi degli altri, come pretendiamo di giudicarlo?