Il dettaglio… chiamato marketing

(CC) by Andrea Ciambra. Immagine non modificata: licenza.
(CC) by Andrea Ciambra. Immagine non modificata: licenza.

Il dettaglio più banale e sconvolgente per un libro di narrativa si chiama marketing, anzi strategia di marketing. Ci sono corsi appositi per farti diventare un buon ambulante.

Sì, devi essere al pari di un venditore ambulante che passa per piazze, vicoli, stradine e spiagge e urla: “Cocco! Cocco bello, volete il cocco? Fresco e dissetante!”.

D’estate fa caldo e il cocco fresco è piacevole, oltre che buono e salutare.

Ma vendere cocco non è certo vendere libri. Se il primo fa bene, il secondo non è cibo, non fa mantenere la linea o nutre le cellule del corpo che ci mantengono in piedi. Nutre la mente, ma anche no. Dipende dal libro in questione.

Scrivi un buon libro e si venderà da solo. Due falsità al prezzo di una. Prima: non esiste la definizione matematica per “Un buon libro”. Un libro può piacere a Tizio e Caio, ma non a Zembronio. Seconda: nulla si vende per conto proprio. Un esempio molto banale? Quante copie ho venduto de “I racconti dall’isola“? Zero copie.

Anche i 3’547’747 modelli di smartphone in circolazione che spesso non servono vengono venduti solo perché qualcuno ti martella il cervello dalla mattina alla sera. In tivù con una pubblicità che si ripete almeno due volte nello stesso intervallo pubblicitario per un totale di 50-100 comparse giornaliere. Con cartelli pubblicitari stradali dove vedi la ragazza bona in bikini con lo smartphone. Con i gazebo per strada dove ti riempiono di bugie pur di convincerti che, cavolo, stai sprecando un’occasione d’oro a non comprare l’ultimo modello da 1’100 euro in 36 comodissime rate da 30 euro. Tutti hanno uno smartphone e tu non lo vuoi? Sei fuori dal coro?

La Apple vende tanto perché? Perché fa buoni prodotti… Sì, ma costano tanto, perché vende tanto? Perché investe cifre da capogiro anche nella pubblicità. Non a caso ha regalato, pagando regolarmente la band, il nuovo album degli U2 alla presentazione del loro nuovi gingilli a tutti gli utenti di iTunes e in sede gli U2 si sono esibiti. Ne aveva bisogno? Sì, altrimenti non vendeva i nuovi prodotti.

Bisogna indurre gli altri a desiderare qualcosa. Che è meglio anche di possedere l’oggetto in questione, no?

Un prodotto buono come il Kindle di Amazon e una campagna pubblicitaria rendono giustizia al Kindle, no? E, in questo caso, si sta comprando qualcosa di utile, sempre che non si stia a rincorrere a tutti i costi l’ultimo modello. Amazon non se ne dispiacerebbe, e nessuno nei loro panni se ne dispiacerebbe.

Torniamo ai libri. Scrivi un buon libro… È davvero buono?

Non te lo chiedere più di tanto. L’importante è che tu abbia davvero dato molto, abbia dato molto più di quello che pensavi di poter dare, perché se non ti sei sfiancato e se non hai odiato il tuo testo almeno una decina di volte, col desiderio di abbandonarlo e non continuare a scriverlo e a correggerlo per la milionesima volta, stiamo parlando del nulla.

Scritto il libro, fai un ebook impeccabile: rientri primo paragrafo, togli tutte le “ad”, “ed”, ecc… crea un indice NCX e inizia a spargere voce e a fare una campagna di marketing non aggressiva, ma giusta. Non rompere l’anima a nessuno, ma fatti notare. Eh, vi pare un dettaglio di banale entità, visto che la vita stessa di un testo si regge al 99,9% su quello?

Io so di non riuscire a fare alcun tipo di marketing e quindi se 10 persone leggeranno un mio romanzo, magari quello nuovo che dovrebbe uscire a brevissimo, sarò felice, sarà tutto il mondo. Il problema è che conoscendo quante energie ho dato al testo, con i limiti umani che caratterizzano uno scrittore, sarà pur sempre un dettaglio, ma un brutto dettaglio. Un’occasione mancata. Un dettaglio su cui forse piangere.

E L James è di nuovo in libreria con il quarto volume delle sfumature. Quanti milioni di copie venderà stavolta? Magari sfiorerà il miliardo, no?

Che importa, sono banali dettagli.

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